mercoledì 14 luglio 2010

I colpi al cuore di J. D. Ballard. O i ricordi liberati dalla forma.

Dagli studenti c'è sempra da imparare. E l'apparentemente innocuo riferimento ad una parola -in superficie una espressione tecnica, record- apre terreno ad una riflessione che mi allarga l'orizzonte.
Uno studente che, come dovrebbe sempre essere, lavora da tempo a una tesi centrata su un tema di personale interesse: i romanzi di J. D. Ballard intesi come testi, intesi a prescindere dalla forma-libro, mi scrive.
"Il mio obiettivo è la laurea", ma "non mi interessa una grande votazione". Mi dispiace "da un punto di vista personale passare per arrogante o cose del genere, perché so che ho un modo di esprimere con forza dei giudizi magari superficiali dettati dall'entusiasmo del momento". Con riferimento alle tante fonti prese in considerazione nota che "alcuni approfondimenti mi sembravano indispensabili (Freud e McLuhan sono citati dallo stesso Ballard)". "Poi mi rendo conto che per seguire un percorso di ampio respiro sulle cose che mi appassionano mi ci sarebbero voluti anni".
Quindi -ricordo che si tratta di una laurea in Informatica Umanistica- parla di come procedere. "Dal punto di vista tecnico potrei cominciare col formattare una porzione di testo per inserirla in un database. Più che come narrativa non sequenziale il romanzo in questione potremmo vederlo come un insieme di record di incidenti, non so se è azzardata..."
Gli rispondo.
No, l'idea di considerare il romanzo come un insieme di oggetti di conoscenza che parlano di incidenti non è azzardata. Anzi, è del tutto pertinente.
Ti propongo però una riflessione sul senso profondo di quello che scrivi, che è anche una riflessione sul 'metodo informatico', un discorso che in parte abbiamo già fatto a voce.
Mi pare fuorviante pensare a un data base come supporto alternativo al libro, perché in realtà tra forma-data base e forma-libro non c'è differenza. C'è a fondamento in entrambi i casi un modello definito a priori, un modello nel quale è chiuso il testo, ridotto a 'contenuto'; 'contenuto', appunto, dipendente dal 'contenitore'.
Insomma, guardando ai supporti, o forme della conoscenza, l'Informatica 'normale' fa riferimento alla forma-data base, in realtà è una forma recentissima, apparsa sulla scena negli anni Sessanta del secolo scorso. Una forma che comunque non apporta niente di nuovo, figlia come è dello stesso paradigma che ha generato la forma-libro.
Perciò, d'accordo, per tutti i romanzi di Ballard, e Crash in maniera esemplare, si può dire che si tratta di un "insieme di record di incidenti". Ma quello che dici con questa affermazione va ben oltre quello che appare. Perché non c'è motivo di fermarsi al senso stretto che il termine record ha in Informatica.
Record in Informatica, o meglio in Computer Science è "a group of data or piece of information preserved as a unit in machine-readable form", e quindi, con più precissione "a data structure designed to allow the handling of groups of related pieces of information as though the group was a single entity". Ecco quindi che l'informatica presuppone che per conservare un ricordo si debba accettare una struttura, un modello dei dati definito a priori.
Ma il processo di costruzione della conoscenza del poeta e del romanziere, così come il processo di costruzione di conoscenza dell'imprenditore e in genere di chiunque lavora - per non andare lontano il processo di costruzione della conoscenza di Ballard - non è questo. La struttura data a priori non è necessaria, e tantomeno è indispensabile.
Perciò se metti il testo su un data base lo chiudi in una gabbia - una gabbia differente da quella del libro, ma sempre una gabbia.
Il tuo intento mi pare diverso. Dunque ti serve un paradigma informatico diverso. Penso al Web Semantico. Forse anche qui dovremmo scavare dietro alle parole. Non a caso i francesi traducono 'la Toile', ma può andar bene anche 'la Rete'. Il testo è una rete. Ogni testo 'd'autore' è una una porzione dell'infinita rete testuale -possiamo chiamarla 'letteratura', Juri Lotman paarlava di 'semiosfera', ma secondo me a ben guardare non siamo lontani da quell'entità che Marx nei Grundrisse chiamava General Intellect.
Così ti consiglio di codificare il testo secondo lo standard TEI. Al di là della cavillosa e talvolta difensiva maniera unoiversitaria di intendere la 'codfica digitale dei testi'. Il testo marcato con metatag è un testo libero da forme date a priori, sia del tipo libro, sia del tipo data base. Le marcature, i 'metatag', permettono di muoversi all'interno del testo e nel suo intorno. 'Intorno': il 'testo' può essere osservato a partire da un qualsiasi nodo della rete; ogni testo non è appunto che il modo peculiare di connettere tra di loro nodi della rete. I metatag appunto descrivono (esplicitano) queste peculiarità.
Così riacquista senso il record. Purché si faccia caso a dove cade l'accento. In inglese è accettata sia la pronuncia 'récord' che 'recórd'. Pronunciandolo con l'accento sulla e, come facciamo comunemente noi italiani, ci allontaniamo dall'italiano ricordo - perdendoci in un astratto linguaggio tecnico.
Italiano ricordo, inglese record: è il latino recordari: 'rammemorare', 'richiamare alla mente'," da re- 'movimento all'incontrario', 'restaurare'; inglese restore, e cordis, 'cuore'. La metafora lega il cuore alla mente: senza emozione, senza soprassalto del cuore non c'è memoria, ricordo. Vedi in inglese learn by heart, to get by heart.
Così, mi pare, si torna a Ballard. Ogni crash è un colpo al cuore - più il mondo insano ci rende impermeabili agli accadimenti, impermeabili alle emozioni, duri di cuore, più abbiamo bisogno di nuovi record, esperienze-limite, oltre i confini del già vissuto. E ogni incidente, ogni accadimento, ogni circostanza è un ricordo, o record che dir si voglia.