venerdì 23 ottobre 2009

Tecnologie dell'informazione e produzione di letteratura 2008-2009

Così come ho pubblicato in questo blog il programma del corso di Organizzazione di conoscenze e di attività, pubblico il programma del corso che ho tenuto gli anni scorsi nel secondo semestre.
Il programma dell'anno accademico 2009-2010 lo trovate qui.

Titolo: Tecnologie dell'informazione e produzione di letteratura
Corso di laurea Interfacoltà in Informatica Umanistica
Università di Pisa

Docente Francesco Varanini

Argomento:
Il corso propone un ripensamento del romanzo alla luce della digitalizzazione dell’informazione, e quindi di possibili scritture, interpretazioni e letture caratterizzate da interattività, multimedialità, ipertestualità
Il romanzo si colloca oggi nel quadro della transliteracy (“the ability to read, write and interact across a range of platforms, tools and media from signing and orality through handwriting, print, TV, radio and film, to digital social networks”: Joseph, Laccetti, Mason, Mills, Perril, Pullinger, Thomas, “Transliteracy: Crossing Divides”, First Monday, Volume 12 Number 12 - 3 December 2007).
Il romanzo, oggi, si trova a ridefinire il proprio spazio e il proprio ruolo in un contesto che vede presenti altre forme di narrazione -oralità, teatro, cinema, televisione, web- ognuna legata ad una propria storia tecnologica.
Le tecnologie, in anni recenti, hanno subito un processo di convergenza: da una specifica modalità di produzione, si è passati ad un processo comune caratterizzato, quale che sia la forma di narrazione, dall'uso di un'unica 'piattaforma', fondata sulla digitalizzazione delle informazioni.
La produzione di narrazione, prima fondata su specifiche competenze, ognuna legata alla singola 'arte', si è trasformata, fino a fondarsi su una trasversale competenza, basata sull'analisi e sul trattamento dei dati tramite strumenti informatici.
Parallelamente, convergono e si ridefiniscono i ruoli di autore, intrprete e lettore. E si pone il tema di come il romanzo, non più necessariamente chiuso nella 'forma libro', appare come 'opera aperta', che emerge diversa da caso a caso, da momento a momento.
Nel corso:
- si approfondirà il tema da un punto di vista teorico,
- si esamineranno gli aspetti chiave della nuova competenza trasversale,
- si esamineranno casi esemplari di romanzi che prefigurano il superamento della 'forma libro', e l'avvicinamento a forme ipertestuali, interattive, multimediali.
Si lavorerà in particolare attorno a Cervantes, Don Chisciotte.

Esercitazione
Consiste nella stesura (e se possibile nello sviluppo) di un progetto teso a liberare un romanzo dalla forma del libro, utilizzando tecnologie informatiche.
Ad esempio: ripresentazione del romanzo sotto forma di ipertesto; modellizzazione del testo in un data base offerto alla consultazione del lettore; indicizzazione del testo allo scopo di renderlo fruibile tramite motore di ricerca; ecc.
Si propone di lavorare su uno dei romanzi sotto indicati. Lo studente può però scegliere di lavorare su un qualsiasi altro romanzo.

Testi:

Romanzi:

- Miguel de CERVANTES, El Ingenioso Hidalgo de Don Quijote de la Mancha, 1605 (prima parte), 1615 (seconda parte). In spagnolo: a cura di John Jay Allen, Cátedra. Tra le varie edizioni italiane si consiglia: Oscar Mondadori (trad. di Ferdinando Carlesi, cura di Cesare Segre e Donatella Pini Moro); Grandi Libri Garzanti ( trad. di Letizia Falzone, a cura di Dario Puccini); BUR Rizzoli (tra. di Alfredo Giannini); Einaudi (trad. di Vittorio Bodini); Frassinelli (trad. di Vincenzo La Gioia).
Full text on line:
http://digital.library.upenn.edu/webbin/gutbook/lookup?num=996
http://www.fullbooks.com/Don-Quijote.html
http://www.spanisharts.com/books/quijote/elquijote.htm
http://www.el-mundo.es/quijote/
- Philip K. DICK, The Man In The High Castle, 1962, trad. it L’uomo nell'alto castello, Fanucci.
- Vladimir NABOKOV, Pale Fire, 1962; trad. it Fuoco pallido, Adelphi.
- Julio CORTÁZAR, Rayuela, Sudamericana, Buenos Aires, 1963; trad. it. Il gioco del mondo, Einaudi.
- Alberto ARBASINO, La bella di Lodi, 1972; ora Adelphi.
- Georges PEREC, La vie mode d'emploi, 1978; trad. it. La vita, istruzioni per l’uso, Rizzoli.

Saggi:
- Ivan ILLICH, In the Vineyard of the Text : A Commentary to Hugh's Didascalicon, University of Chicago Press, 1993; trad. it. Nella vigna del testo, Cortina, 1994.
In aggiunta (per non frequentanti almeno un testo a scelta tra):
-Jay David BOLTER, Writing Space. The computer, Hypertext and The History of Writing, Lawrence Erlbaum Associates, Hillsdale (N.J.), 1991, trad. it. Lo spazio dello scrivere. Computer, ipertesti e storia della scrittura, Vita e Pensiero, Milano, 1993. (Evitare possibilmente la seconda edizione, sia in inglese che in italiano; è peggiorativa).
- George P. LANDOW, Hypertext 2.0., Johns Hopkins University Press, Baltimore, 1997; trad. it. L' ipertesto. Nuove tecnologie e critica letteraria, Bruno Mondadori, Milano, 1998.
- Ted H., NELSON, Literary Machines, Swarthmore (Pa), 1981 (pubblicato in proprio). Trad. it. dell'ed. 1990: Literary Machines 90.1, Muzzio, Padova, 1992.
- Lev MANOVICH, The Language of New Media, Massachusetts Institute of Technology, 2001; trad. it. Il linguaggio dei nuovi media, Olivares, Milano, 2002.
THOMAS, JOSEPH, LACCETTI, MASON, MILLS, PERRIL, PULLINGER, “Transliteracy: Crossing Divides”, First Monday, Volume 12 Number 12 - 3 December 2007

Note: Gli studenti, sia frequentanti che non frequentanti, sono invitati a inviare una e-mail al docente. Saranno periodicamente forniti materiali didattici inerenti all'insegnamento.

Garbugli. Ovvero il libro giallo come ultimo libro

Ricordiamo i “sette anni di studio matto e disperatissimo” spesi dal giovane Giacomo Leopardi nella biblioteca paterna, con la volontà di impossessarsi del più ampio sistema di nozioni (notione deriva da notum: conoscenza scolastica, già data ).
Sono anni che compromettono irrimediabilmente la salute e l'aspetto esteriore di Giacomo. Ma Giacomo non rinuncia a divagare, va oltre, guarda fuori. E' attento agli indizi. La finestra dello studio si apre sul mondo, sta a noi non rinunciare a guardare.

Io gli studi leggiadri
Talor lasciando e le sudate carte,
Ove il tempo mio primo
E di me si spendea la miglior parte,
D'in su i veroni del paterno ostello
Porgea gli orecchi al suon della tua voce,
Ed alla man veloce
Che percorrea la faticosa tela.
Mirava il ciel sereno,
Le vie dorate e gli orti,
E quinci il mar da lungi, e quindi il monte.
Lingua mortal non dice

Quel ch'io sentiva in seno.

Che pensieri soavi,
Che speranze, che cori, o Silvia mia!


Le carte sono “sudate”, ma gli studi possono essere “leggiadri”. Connettere il testo già dato con il mondo circostante rendi i pensieri “soavi”, illuminate dal “ciel sereno” le parole scritte su carta appaiono diverse, strutturalmente accoppiate alle “vie dorate e agli orti”, al “mare da lungi” e al “monte”. (Giacomo Leopardi, Canti, Piatti, Firenze, 1831. XXI, A Silvia, vv. 15-29).
Giacomo stanco, la mente bloccata, guarda fuori dalla finestra; la “faticosa tela” di Silvia è metafora della sua tela interrotta. Solo quando le abitudini dello studio matto e disperatissimo vengono troncate e si impara ad assumere un atteggiamento orientato al 'lasciar andare' il flusso dei pensieri, solo allora la naturale caratteristica della mente di conoscere se stessa e di riflettere in modo creativo sulla propria esperienza può finalmente emergere.
Ecco perché leggiamo libri gialli. E li leggiamo magari in momenti di difficoltà.
Leggere un libro giallo è un intimo gesto di abbandono. Di allentamento del controllo. Solo quando si interrompe la lettura e la scrittura intese come lavoro per leggere un libro giallo dal pensiero possono emergere nuove connessioni.
Di fronte a questo eccesso di libri e biblioteche e schedari e riviste e giornali l'orientamento al controllo è fallace, ed invece costituisce punto di partenza vantaggioso la consapevolezza della propria ignoranza.
La conoscenza sta nel muoversi connettendo qui ed ora notizie e nozioni e dati prescindendo dalla loro struttura così come dal loro originario scopo, come se stessimo osservando per la prima volta un mondo sconosciuto.
Solo questo è sapere, nutrimento adeguato, dotato di sapore, adeguato al momento e al luogo.
I libri gialli ci parlano di un atteggiamento di fronte al conoscere. Rispondono -in un preciso momento storico- ad un basilare, ancestrale bisogno dell'uomo: costruire conoscenza adeguata, rispondere alle insidie dell'ambiente, garantirsi la sopravvivenza in un ambiente che eccede le nostre possibilità di controllo e di piena comprensione.
Il pensiero irrisolto appare come gnommero, diceva Gadda nel Pasticciaccio, matassa ingarbugliata. In ogni libro giallo troviamo fissato questo momento.

Tutto era ancora una matassa ingarbugliata. Non c'erano aperture, nessuna pista che portasse a una svolta nelle indagini. (Henning Mankell, Villospår, Ordfrronts Förlag, Stockholm, 1995; trad. it. La falsa pista, Marsilio, 2009, p. 209).

Clew sta in inglese per 'a ball of thread or yarn', 'gomitolo'. Da clew, per semplice variante fonetica (la pronuncia non cambia), clue – che dall'inizio del 1600 sta per 'that which points the way', qualcosa che indica la via; e quindi 'indizio'. Trasparente il riferimento al mito di Arianna: Teseo, l'eroe, trova l'uscita dal labirinto grazie al filo di lana che l'amata gli ha dato.
A metà del 1800 il legame tra clue e clew era ben presente nella lingua popolare, nella cronaca giornalistica relativa alla soluzione dei casi criminosi da parte dei detective di Scotland Yard e degli investigatori, così come nella narrativa.
Leggiamo Mary Bolton di Elizabeth Gaskell:

E' sempre un piacere svelare un mistero, dipanare il sottile groviglio di fili che ci porterà alla certezza.

La mente semidesta, mentre sia abbandona a percorrere il groviglio proposto dalla narrazione, sperimenta come andare oltre i confini del già pensato. Si scopre così come guardare il mondo con occhi nuovi.
Il libro giallo ci fornisce un risposta, ci accompagna nel costruire senso dipanando l'aggrovigliato gomitolo, facendo emergere il senso che è latente in quello stesso aggrovigliato gomitolo. Il libro giallo silenziosamente e piacevolmente ci accompagna sollecitando la nostra mente a compiere quel lavoro
Leggiamo, per esempio, nell'undicesimo romanzo di Philo Vance (S. S. Van Dine, The Gracie Allen murder case, New York, C. Scribner’s sons, 1938. Trad. it. Philo Vance e il caso Allen, Giallo Mondadori 1246 [17 dicembre 1972]):

Lasciami delirare ancora un po' prima di richiudermi in una camicia di forza... vi sono altre cose per me sconcertanti che potrebbero essere assemblate in un tutt'uno coerente... Finalmente si forma uno schema nel mio vorticoso cervello.

Perciò ci appare manifestazione di una paradossale saggezza il fatto che, nell'epoca del tramonto del libro come forma unica ed universale, le librerie offrano un numero sempre crescente di libri gialli, ed ogni libro tenda ad assumere la struttura del libro giallo. Possiamo immaginare che sarà un libro giallo l'ultimo libro che leggeremo.
Quando non avremo più motivo di leggere libri, perché l'uso di qualche tipo di macchina, intesa come espansione e protesi della nostra mente, ci farà apparire del tutto obsoleto questo insieme di fogli stampati o manoscritti, di forma e misura uguale, ordinati secondo un dato ordine, numerati e cuciti insieme in modo da formare un volume, fornito di copertina o rilegato, quando non avremo più motivo di leggere libri, forse l'unico libro che leggeremo con piacere sarà un libro giallo.
Ci ricorderà il passato, e allo stesso tempo ci allenerà a al nuovo lavoro che sostituisce la lettura. Se la lettura è un passivo subire la struttura proposta da un autore, da un esperto, il libro giallo ci propone la scoperta di una soluzione, l'emergere di un percorso di senso. Il lavoro dell'investigatore, è lo stesso lavoro del knowledge worker che, lavorando con l'ausilio di un computer costruisce conoscenza per tentativi ed errori, sbrogliando enigmi, dipanando matasse intricate.
Il libro giallo, meta-libro, ci parla del mondo del dopo-libro e ci insegna muoverci in quel mondo.
Un mondo dove menti strutturalmente accoppiate a computer costruiscono conoscenza, come se stessero leggendo un libro giallo.

domenica 4 ottobre 2009

J. C. R. Licklider, “Man-Computer Symbiosis”

In quegli stessi anni '60 in cui Doug Engelbart immaginava l''aumento dell'intelligenza umana' attraverso l'uso di quello strumento che avremmo poi chiamato Personal Computer, ragionava a proposito della simbiosi tra uomo e computer un altro irregolare. Le sue riflessioni, come quelle di Engelbart e di Nelson, ci appaiono del tutto attuali: più che parlarci di un percorso svolto nello scorso mezzo secolo, ci parla di un percorso lungo il quaale siamo incamminati – probabilmente senza esserne del tutto consapevoli.
Joseph Carl Robnett Licklider, per tutti J.C.R. o ancora più semplicemente Lick, psicologo specializzato in psicoacustica, inizia a interessarsi di computing quando negli anni '50 lavora presso il MIT Lincoln Laboratory, centro di ricerca finanziato dal Dipartimento della Difesa. Lick si muove dunque in quell'area che è frutto della visione di Vannevar Bush, luogo di convergenza di interessi militari e alta tecnologia di origine universitaria. Per questa via, arriverà nel 1963 all'ARPA, l'Advanced Research Projects Agency, istituita nel 1958, come risposta al lancio nello spazio dello Sputnik sovietico. Presso l'ARPA -che è tra i finanziatori dell'Augmentation Research Center- è responsabile dell'Information Processing Techniques Office (IPTO).
In questo avvicinamento ad un computing al servizio dell'uomo che pensa, c'è un passaggio chiave: la pubblicazione, nel 1960, di un articolo di poche pagine, Man-Computer Symbiosis.
Il riferimento alla simbiosi è specialmente interessante: come Lick non manca di sottolineare, si tratta di un concetto biologico. Nella visione di Lick, due dissimili organismi, “living together in intimate association, or even in close union”, lavorano per costruire conoscenza.

The hope is that, in not too many years, human brains and computing machines will be coupled together very tightly, and that the resulting partnership will think as no human brain has ever thought and process data in a way not approached by the information-handling machines we know today.

Notevole qui la vicinanza con il punto di vista di Maturana: si parla -”human brains and computing machines”- di sistemi viventi, si parla di accoppiamento strutturale.
Il computer così inteso -possiamo dire la macchina di Lick- è una macchina ben diversa dal Mainframe orientato al controllo, e teso a sostituire l'uomo attraverso la sua Intelligenza Artificiale. Così come l'uomo disposto a collaborare con questa macchina è ben diverso sia dal tecnico analista o programmatore, sia dall'utente che accetta passivamente di lavorare dentro i vincoli definiti dalla procedura.
L'indirizzo è chiaro:

To enable men and computers to cooperate in making decisions and controlling complex situations without inflexible dependence on predetermined programs.

“Senza dipendenza da programmi predeterminati”: ecco affermato il nodo chiarissima la distanza dall'approccio kantiano e cognitivo. Serve una macchina che faciliti l'emergere del nuovo pensiero, serve un aiuto per costruire conoscenza, serve una macchina orientata alla Bildung. Il “controllo delle situazioni complesse” non può passare attraverso l'attuazione di programmi, procedure scritte prima, ma è invece, essenzialmente, decision making.
Lungo il corso degli anni Sessanta, la riflessione di Licklider si consolida e si precisa.
Finché in The Computer as a Communication Device, articolo apparso nel 1968, ci offre una lucida anticipazione di ciò che abbiamo imparato a chiamare social network, reti sociali, virtual community, comunità virtuali . Nelle parole di Lick, già molto precise, “On-line interactive communities”. Persone intente a collaborare, “face to face through a computer”.

But let us be optimistic. What will on-line interactive communities be like? In most fields they will consist of geographically separated members, some- times grouped in small clusters and sometimes working individually. They will be communities not of common location, but of common interest. In each field, the overall community of interest will be large enough to support a comprehensive system of field-oriented programs and data.

Ma dal punto di vista del ragionamento che vado svolgendo, centrato sul lavoro congiunto della mente umana e di una 'macchina per pensare', le suggestioni più ricche erano già presenti in Man Computer Symbiosis:

It seems reasonable to envision, for a time 10 or 15 years hence, a "thinking center" that will incorporate the functions of present-day libraries together with anticipated advances in information storage and retrieval and the symbiotic functions suggested earlier in this paper. The picture readily enlarges itself into a network of such centers, connected to one another by wide-band communication lines and to individual users by leased-wire services. In such a system, the speed of the computers would be balanced, and the cost of the gigantic memories and the sophisticated programs would be divided by the number of users.