giovedì 24 dicembre 2015

Natale 1944 a Berlino. Salvarsi costruendo una mattina che sarà chiamata computer

Brano tratto da Macchine per pensare, Guerini e Associati, gennaio 2016.

Diretto dall'Air Marshall Arthur Harris, comandante in capo del Bomber Command della Royal Air Force britannica, il bombardamento massivo di Berlino ha inizio nel novembre del 1943. E' particolarmente duro nelle notti del 23-24 e del 29-30 dicembre. Dopo una pausa nella notte di Capodanno, torna a flagellare la città già nelle notti dall'1 al 2 e dal 2 al 3 gennaio.
Tuttavia, il morale della popolazione civile tedesca non è definitivamente fiaccato. Durante il '44 è ancora possibile una vita quotidiana. I servizi essenziali sono mantenuti in piedi. La stessa produzione bellica di Berlino, lungi dall'essere annientata, continua anzi a crescere per tutto l'anno.
Giunge il nuovo Natale.
Il Natale nel 1944, è il più buio Natale nella storia di Berlino. Chi non era fuggito, attende con ansia fin all'alba del l'urlo delle sirene. Ma non c'è quella notte nessun allarme, nessun attacco aereo. E' un Natale di donne e bambini. Giorno di lutto per i padri e i mariti morti, giorno pieno di dolore e di timore per i padri e mariti che non hanno ricevuto licenza.
Il quella città flagellata, Konrad Zuse, giovane ingegnere, sta costruendo la quarta versione di una macchina - che sarà riconosciuto solo dopo molti anni come il primo computer della storia.



Konrad Zuse al lavoro

In Oranienstraße, mentre Berlino è flagellata da bombardamenti, Zuse non demorde, non si perde d'animo. Nonostante tutto, il lavoro prosegue alacremente attorno alla Algebraisches Rechengerät V4 - questa la denominazione che si legge sui disegni tecnici della macchina: potremmo tradurre: Algebraic Computing Device, ACD. Un nome che possiamo ben collocare accanto ai nomi, spesso fantasiosi, dei primi computer statunitensi.
Automatic Sequence Controlled Calculator, ASCC; Electronic Numerical Integrator And Computer, ENIAC; Electronic Discrete Variable Automatic Computer; EDVAC; Universal Automatic Computer, UNIVAC. Fino alla sigla consapevolmente paradossale proposta da von Neumann: Mathematical Analyzer, Numerical Integrator, and Computer, quindi: MANIAC. L’interesse ossessivo maniacale, per la propria macchina, è in fondo istinto vitale, atteggiamento opposto ai paranoici progetti di chi vede introno a sé nemici, e costruisce armi per distruggere.

Il contabile della Zuse Apparatebau ha una figlia, che collabora con i servizi segreti. Per questa via Zuse viene a sapere che negli Stati Uniti si sta costruendo una macchina forse comparabile. Zuse è preda da una curiosità ardente, quasi dolorosa. Briga finché non riesce a poter gettare lo sguardo su una foto di quella macchina. E' l'Harvard Mark I, macchina progettata da Howard Aiken, del dipartimento di fisica dell'Università di Harvard, completata nel gennaio 1943. A partire dall'originale progetto di Aiken, il Mark I è in realtà realizzato dall'IBM nei propri laboratori Endicott, con il nome di Automatic Sequence Controlled Calculator, ASCC.
Zuse, osservando la foto, si sforza di immaginare l'architettura della macchina. E in effetti l'Harvard Mark I -calcolatore digitale a relè, che legge le istruzioni contenute in un nastro di carta perforato- ha molto in comune con i VersuchModellen di Zuse. Ma è una macchina enorme, pesa quattro tonnellate e mezzo, è lunga sedici metri, alta due e mezzo, fatta di 765.000 componenti e centinaia di chilometri di cavi. E' il frutto della sconfinata potenza economica e tecnologica americana.

La Zuse Apparatebau è un'impresa marginale, ma comunque dedita ad attività militari, assoggettata a rigide- procedure. Si lavora in regime di assegnazione obbligatoria, lavoro forzato. Ma le macchine Hollerith non bastano più di fronte al caos, non sono in grado di dire chi lavora e dove. Ora ogni organizzazione è saltata.
Due dozzine di persone sono presenti ogni giorno in laboratorio. Tra di loro personale della Henschel Flugzeug-Werke e ingegneri del centro di telecomunicazioni dell' OKW, Oberkommando der Wehrmacht, Comando Supremo delle Forze Armate tedesche.
Zuse finisce per non sapere chi quel giorno verrà a lavorare. E’ impossibile pianificare, ma attorno alla macchina ferve il lavoro. Uno entra in officina, capisce da solo cosa fare, prende in mano una saldatrice, fa la sua parte.
Qualche professionalità è indispensabile. Zuse non può fare tutto da solo, ha necessità di qualcuno con competenze matematiche in grado di sostituirlo nel lavoro di programmazione -anticipando i tempi, sta mettendo a punto il Plankalkül, probabilmente il primo linguaggio di programmazione di alto livello. Arriva per strane vie un cieco che si rivela abilissimo.
Qui veramente, nel cuore della città bombardata, in un laboratorio dove si insegue un sogno, Arbeit mach frei, il lavoro rende liberi. Nel laboratorio di Zuse nessuna scritta ostentata, nessun proclama: solo lavoro cercato e offerto. Lavoro come resistenza all’insensatezza, alla paura, alla morte che incombe. Lavoro inteso come modo per mantenere viva la propria dignità. Lavoro praticato quotidianamente, il corpo e la mente coinvolti, per tenersi vivi.

Nel gennaio del ‘45, mentre sul fronte occidentale è ancora in corso il contrattacco tedesco nelle Ardenne, sul fronte orientale l’Armata Rossa rompe la resistenza tedesca, avanzando di trenta, quaranta chilometri al giorno occupa Varsavia, Danzica, la Prussia Orientale, Poznan, fino a schierarsi su una linea a sessanta chilometri ad est di Berlino, lungo il fiume Oder.
In quei giorni Zuse trova il tempo di sposarsi con Gisela Brandes, una sua collaboratrice. Intorno bombardamenti, distruzione, paura a fior di pelle, assenza di futuro. Ma Konrad vuole "una nobile cerimonia", un matrimonio solenne - lui in frac e cilindro, lei vestita di bianco. Una carrozza per gli sposi.

3 febbraio 1945: un bombardamento aereo causa distruzione nella Luisenstadt, l'area attorno a Oranienstraße. Le stesse case attorno all'officina sono abbattute. Il lavoro è stato portato avanti fino all’estremo. Ma è ormai impossibile proseguire.

Zuse smonta la macchina, imballa le parti, le carica su un convoglio ferroviario, sul quale sale insieme alla moglie incinta. Il convoglio parte da Berlino il 16 febbraio.

domenica 6 dicembre 2015

Tornare a filosofare con l'aiuto della macchina. Wittgenstein vs. Turing


Tra gli argomenti centrali di Macchine per pensare sta il 'non contentarci delle macchine che abbiamo'. La macchina che abbiamo, il computer di Turing e von Neumann non è stato progettato per aiutarci a pensare. Al contrario, è stato progettato per imporci un modo di pensare. Per questo conviene all'uomo usare il computer in un modo 'barbaro'. Solo così il computer è strumento per espandere l'umana capacità di pensare in modo libero e creativo.
Riprendo da Macchine per pensare questo brano:

Argomenta Wittgenstein:

La macchina come simbolo del suo modo di funzionare: La macchina -potrei dire a tutta prima- sembra già avere in sé il suo modo di funzionare. Che significa ciò? Conoscendo la macchina, sembra che tutto il resto, cioè i movimenti che essa farà, siano già completamente determinati.
Parliamo come se queste parti si potessero muovere solo così, come se non potessero fare nulla di diverso- (...) Usiamo la macchina, o l'immagine di una macchina, come simbolo di un determinato modo di funzionare. (...) Potremmo dire che la macchina, o la sua immagine, sta all'inizio di una serie di immagini che abbiamo imparato a derivare da questa.

Wittgenstein, così come smonta le pretese della logica formale, apre ad altri tipi di linguaggi, e ci richiama a considerare la ricchezza dei linguaggi naturali, della lingua ordinaria, così anche ci
spinge a non contentarci della macchina che abbiamo, macchina di Turing e di von Neumann.
La macchina di Turing e di von Neumann non è né la migliore né l’unica delle macchine possibili, “perché certamente la macchina può muoversi anche in modo del tutto diverso”.
Wittgenstein aveva anche tentato di convincere Turing ad allargare lo sguardo - quando il giovane matematico aveva partecipato alle lezioni del filosofo, a Cambridge, al termine degli Anni Trenta. Tentativi vani. Wittgenstein insiste nel considerare le macchine come conseguenza del pensiero umano. Turing insiste nel limitare il campo per via di regole formali, e per immaginare machine in grado di sostituire l’uomo.
Wittgenstein dunque, scrivendo negli Anni Quaranta, sa da dove viene e cosa è il computing. E non a caso Wittgenstein proprio qui, parlando di come possiamo cogliere il senso della macchina, si sporge fino ad offrire una estrema, stimolante definizione di cosa è la filosofia.

Wann denkt man denn: die Maschine habe ihre möglichen Bewegungen schon in irgendeiner mysteriösen Weise in sich? - Nun, wenn man philosophiert. (...)
Wir sind, wenn wir philosophieren, wie wilde, primitive Menschen, die die Ausdrucksweise zivilisierter Menschen hören, sie mißdeuten und nun die seltsamsten Schlüsse aus ihrer Deutung ziehen.

Quando si pensa che le macchine hanno già in sé, in qualche modo misterioso, i propri possibili movimenti? -Beh, quando filosofiamo. (…)
Noi siamo, quando filosofiamo, come uomini primitivi, come dei selvaggi, che ascoltano le espressioni di uomini civilizzati, le fraintendono, e poi traggono dalla loro interpretazione le più strane conclusioni.

Wir sind, wenn wir philosophieren, wie wilde, primitive Menschen. Noi siamo, quando filosofiamo, come uomini primitivi. Uomini che pensano di nuovo, ponendosi in una posizione originaria. Bisogna dire: ‘quando filosofiamo’. Quando ‘facciamo della filosofia’, o ‘quando facciamo i filosofi’ sarebbe svalutare il senso, subordinarlo al giudizio dei filosofi di professione, che credono di pensare, in virtù di un qualche riconoscimento istituzionale, meglio degli altri esseri umani. Ma Wittgenstein ci dice: non sono loro che sanno filosofare. Sa filosofare chi si allontana dal loro pensiero eletto a canone.
Mißdeuten: misinterpretare, fraintendere, non in senso riduttivo -come se avessero ragione Frege e Turing- e il senso fosse definito una volta per tutte in un Libro delle Regole-, ma ‘capire tra le righe’, che è il senso originario di intelligere, inter ligere.
E poi, come in Freud, troviamo aus ihrer Deutung: dall’interpretazione di quei segni, che accettiamo come stranieri, come provenienti da un altro mondo, si potranno trarre conclusioni strane, non previste dal Libro delle Regole, e per questo ricche.
Come Freud riconosceva vantaggioso lo sguardo dei profani sui sogni, così Wittgentein ci invita a guardare il mondo, e le macchine, con sguardo selvaggio, barbaro, esterno - se vogliamo: sguardo da marziano. Così, con sguardo di un barbaro, dobbiamo osservare la macchina.
Se per Turing la macchina può pensare come l’uomo e anzi al posto dell’uomo, per Wittgenstein la macchina è sempre -come in altro modo diceva Marx- frutto del pensiero dell’uomo. E anzi la macchina c’è solo perché l’uomo la sta pensando.
Se per Turing la presenza della macchina chiama l’uomo al rispetto delle regole, per Wittgenstein la presenza della macchina chiama l’uomo ad andare oltre ogni Libro delle Regole.
Se per Turing la presenza della macchina giustifica la resa dell’uomo alla passività, per Wittgenstein la presenza della macchina è un interrogativo aperto. La presenza della macchina sfida l’uomo, e lo incita a scoprire il senso, sempre nuovo senso.

Nota
Le citazioni di Wittgenstein sono tratte da: Ludwig Wittgenstein, Philosophische Untersuchungen, Basil Blackwell, Oxford, 1953; trad. it. Ricerche filosofiche, Einaudi, 1967, §193, § 194. Trad. mia.


martedì 1 dicembre 2015

SAP: storica sconfitta dell'IBM e avvento della filosofia tedesca fatta macchina

Avevo già scritto, su questo blog, del 'Sap come filosofia'. Torno sul tema, in un quadro filosofico più preciso, in Macchine per pensare (Guerini e Associati, 2016), il libro di cui questo blog è stato laboratorio. Estraggo da Macchine per pensare questo brano.

Il comunicato distribuito il 7 aprile 1964 annuncia la presentazione System/360: "This is the beginning of a new generation - not only of computers- but of their application in business, science and government". Si tratta di un computer digitale elettronico finalmente maturo e disponibile per l'uso aziendale.
La macchina è un main frame, un'unica struttura centrale posta a governo delle informazioni. I dati sono caricati sulla stessa grande macchina tramite il lavoro di tastieriste, sulla stessa grande macchina girano tutti i programmi, le operazioni di elaborazione dei dati, a cura di tecnici specializzati, si accodano l’un l’altra, i risultati dell’elaborazione sono accessibili dopo un congruo periodo di tempo su un tabulato stampato, o sullo schermo di un terminale.
L’IBM gode di una posizione quasi monopolistica. L’intero processo di trattamento dei dati di quasi tutte le organizzazioni pubbliche e private importanti del pianeta è basato su macchine -hardware- IBM, linguaggio di programmazione IBM, tecnici IBM, formazione professionale IBM, presidio di consulenti IBM.
Ma ora, negli Anni Sessanta, sviluppi tecnologici permettono di lavorare in real time, lo stesso lavoratore può caricare i dati tramite il suo terminale, senza passare attraverso figure professionali specificamente dedicate al caricamento dei dati. L’elaborazione avviene in modo automatico, i risultati del calcolo sono subito disponibili sullo schermo di qualunque terminale.
Utilizzando questa nuova tecnologia, il governo IBM dell’intero processo verrebbe messo in discussione. Si accrescerebbe di gran lunga il peso di chi scrive il programma -il software-, la gestione delle macchine sarebbe semplificata. L’IBM, ovviamente tesa come ogni Corporation alla difesa dei volumi d’affari, è restia a cavalcare questa nuova onda.
Verso il termine degli Anni Sessanta vari progetti IBM potrebbero cogliere i vantaggi del real time. Ma proprio perché vanno a ledere rendite di posizione, i progetti languono.

SAP
Cinque giovani dipendenti IBM non ci stanno. Claus Wellenreuther, Hans-Werner Hector, Klaus Tschira, Dietmar Hopp, Hasso Plattner sono dotati di una buona formazione: economia aziendale, fisica, matematica, ingegneria. Decidono di andare avanti da soli. Nel ‘72 i  cinque, in età compresa tra i ventotto e i trentasette anni, fondano per questo una società, Systemanalyse und Programmentwicklung, Analisi dei Sistemi e sviluppo di Programmi, SAP. Diverrà negli Anni Ottanta il più rilevante produttore globale di software per aziende, scardinando il primato IBM.
IBM propone ad ogni azienda la possibilità di sviluppare software coerenti con la propria cultura e le proprie strategie. SAP all’opposto propone un software sviluppato nella softwarehouse e poi ceduto in uso ad ogni azienda come oggetto unico, non modificabile. IBM vende software diversi, strumenti per lo sviluppo software, hardware. SAP offre sul mercato uno solo software, un solo programma. SAP svaluta l’hardware, la mera macchina: l’hardware -ferraglia, circuiti elettronici- è un supporto necessario ma irrilevante. Ciò che conta è il software.
Possiamo definire macchina anche il software - ma allora si tratta di macchine immateriali, mentali, knowledge, General Intellect, puro pensiero. La separazione del software dall’hardwdare è la prosecuzione su un nuovo terreno della separazione della mente, luogo del puro pensiero, dal vile corpo umano.
Con SAP il pensiero tedesco, il genio tedesco per la visione sistematica, il sogno tedesco di una società totalmente organizzata occupano finalmente il posto che meritano. Sotto le vesti di software, il pensiero tedesco detta le regole ad ogni organizzazione aziendale.

I cinque giovani tecnici tedeschi portano a compimento la visione enunciata da Alan Turing nel ‘50.
Scriveva Turing che la macchina può sostituire l’uomo nel pensare e nel lavorare. Purché, precisava Turing, si accetti una esatta definizione del lavoro. “Il lavoro è eseguire ciò che sta scritto in un Book of Rules, in un Libro delle Regole”.1 Ora finalmente, con SAP, il lavoro umano, all’interno di ogni organizzazione, è subordinato davvero ad un Libro delle Regole. Non solo l’operaio subisce il comando imposto dalla catena di montaggio. Ora qualsiasi impiegato può fare solo ciò che SAP -software, pensiero codificato- permette di fare. L’idea dell’organizzazione razionale, di cui SAP si afferma portatrice, è imposta urbi et orbi.
Solo ingegneri tedeschi potevano concepire SAP. Solo la filosofia tedesca spiega SAP. Solo SAP offre una versione così sintetica e precisa della filosofia tedesca.

Hegel
Per Hegel lo Spirito sviluppa sé stesso, si arricchisce di contenuto e si plasma nella forma fino a divenire padrone di sé e trasparente a sé stesso.2 Allo stesso modo con SAP l’idea dell'organizzazione perfetta, da puro elemento del pensiero, si trasforma in prassi, in inattaccabile, indiscutibile legge imposta alla gestione aziendale.
Hegel, e gli analisti che progettano SAP considerano la realtà come manifestazione razionale e necessaria dello Spirito. L'idea di società totalmente organizzata contenuta in SAP è quindi definita una volta per tutte. E poi imposta al mondo come assioma dato per vero. Immodificabile.
Per Hegel la storia andava intesa come graduale affermazione della ragione nel mondo. In Hegel è esplicita la consapevolezza che la filosofia è l’autocoscienza -la consapevolezza di sé- teorica di un processo storico che culmina con l’organizzazione moderna dello stato. La ragione che assume coscienza di sé nella filosofia è la stessa che stabilisce la propria supremazia nel mondo attraverso l’organizzazione politica della società. Il compiuto e razionale sistema filosofico si identifica con la compiuta razionalità delle organizzazioni.
Di questo passaggio dall’idea alla prassi il SAP è la prova provante: il modello di organizzazione razionale è dato; la storia delle organizzazioni va intesa come cammino verso la graduale affermazione della verità postulata dal SAP. Tramite SAP l'idea dell'organizzazione perfetta, da puro elemento del pensiero, da pensiero ordinato e ordinatore che pensa se stesso, si trasforma in concreta gestione aziendale. È filosofia che si dispiega sovrana a partire dal piano teorico per poi determinare la prassi.
SAP è ontologia: così come le leggi morali sovrastano l’uomo, il software è inteso come sguardo dall’alto che sovradetermina il funzionamento delle organizzazioni. Descrive le modalità fondamentali dell’essere, e quindi dell’organizzazione dell’ente, senza abbassarsi a tener conto delle sue manifestazioni particolari. Ogni provincia dell’organizzazione sarà governata dalla sua legge.
SAP è religione laica. L’idea, contenendo in sé la ragione, non può fallire. Comprando il software, compriamo l'idea dell'organizzazione perfetta. Idea che deve essere semplicemente applicata, inverata, trasferita dal cielo alla terra.
In presenza del SAP, nessuno potrà considerarci responsabili di insuccessi. Il SAP, che è la ragione organizzativa, giustifica se stesso. Non dovremo più sforzarci di migliorare la nostra organizzazione. Dovremo semplicemente sostituirla con l’organizzazione che SAP ci propone.
SAP è l’esempio che meglio di ogni altro ci permette di osservare come il software, divenuto tanto potente da poter funzionare tramite una qualsiasi macchina, finisca con l’apparire come Sapere Assoluto.

1 Alan Turing, “Computing Machinery and Intelligence”, Mind, Vol. 59, Number 236, October 1950, pp. 433-460. Poi in Alan Mathison Turing, Mechanical Intelligence, edited by Darrel C. Ince, North-Holland, Amsterdam-London-New York-Tokio, 1992; trad. it. Intelligenza meccanica, Boringhieri, Torino, 1994. Prima trad. it. “Macchine calcolatrici e intelligenza”, in Johann von Neumann, Gilbert Ryle, C. E. Shannon, Charles Sherrington, A. M. Turing, Norbert Wiener e altri, La filosofia degli automi, a cura di Vittorio Somenzi, Boringhieri, Torino, 1965, pp. 116-156.
2 Georg Wilhelm Friedrich Hegel, Phänomenologie des Geistes, (System der Wissenschaft, Erster Teil), Joseph Anton Goebhardt, Bamberg und Würzburg, 1807; trad. it. Fenomenologia dello spirito, a cura di Enrico De Negri, La Nuova Italia, Firenze, 1933-1936