giovedì 27 ottobre 2011

Semantic Web

Mentre Panopticon, Broadcasting, e Gatekeeping ci impongono una Gestalt, un modello dato a priori, l’idea dei ‘loosey coupled systems’ ci apre un campo inesplorato.
Tra il 1990 e il 1991 Tim Berners-Lee ed i suoi colleghi del CERN (il Centro Europeo per la Ricerca Nucleare di Ginevra) sviluppano il software ed i protocolli dai quali nascerà il World Wide Web, espressione poi comunemente contratta in web: la Grande Rete telematica che sta forse imponendo un nuovo ordo, ‘ordine’. È l’esordio, l’inizio della tessitura -non a caso i francesi traducono World Wide Web con Toile- di nuovi rapporti interpersonali ed economici, fondati sull’esistenza di questa invisibile tela, o ragnatela, tanto ben tessuta da abbracciare –oggi in potenza e domani magari di fatto– tutto e tutti. Ognuno è nelle condizioni di essere al contempo autore e lettore.
Con il World Wide Web ognuno può pubblicare il proprio sito. L’insieme di pagine che scrivo e metto in rete, si fondano sullo stesso codice, sugli stessi protocolli che usa per mettere in rete le proprie pagine la Coca Cola o il Governo degli Stati Uniti. Una trasparenza di base, un accesso sono garantiti.
Ma per mettere in rete il proprio sito, resta necessario disporre di qualche conoscenza tecnica. In particolare se voglio racchiudere dentro le pagine non solo caratteri alfabetici, ma anche immagini fisse, immagini in movimento, voci e musica. Il sito resta inoltre un sistema chiuso, difficile da aggiornare; un insieme di pagine non troppo dissimile dal libro.
In realtà, ciò che aveva in mente già alla fine degli anni Ottanta Berners-Lee, non era il Web fatto di pagine chiuse, era qualcosa di ben diverso, che chiamava Semantic Web. “The Semantic Web” scrive in un articolo che di fatto rappresenta l’annuncio al mondo del suo grande sogno, “is an extension of the current web in which information is given well-defined meaning, better enabling computers and people to work in cooperation” (Tim Berners-Lee, James Hendler, Ora Lassila, “The Semantic Web”, Scientific American, May 2001).
Il 3W Consortium -la comunità, fondata da Berners-Lee per definire gli standard del World Wide Web e sorvegliare sulla sua vita- offre questa definizione: “The Semantic Web provides a common framework that allows data to be shared and reused across application, enterprise, and community boundaries”.
Dunque, un insieme non solo di pagine chiuse, come era il primo Web, ma invece una galassia di oggetti - testi, ma anche a immagini fisse e in movimento, a suoni e musica. Oggetti di volta in volta ricombinabili e diversamente usabili.
‘Oggetti di conoscenza’: la visione di Bernes-Lee ci spinge a diffidare della parola content, o contenuti -che pure è normalmente usata per ciò che è accessibile tramite il World Wide Web. Perché content rimanda a un necessario contenitore -come era il libro-, mentre qui si parla di pura conoscenza, che si manifesta qui ed ora in una qualsiasi forma – una delle infinite forme possibili.
Ogni oggetto è da intendere non come una struttura definitiva e stabile, ma come una struttura ‘loosely coupled’, sempre modificabile e riconfigurabile. Ogni oggetto, poi, è descritto da tag, etichette che ne esplicitano le caratteristiche. Sono i tag a permettere di connettere tra di loro gli oggetti in insiemi efficaci, ma mai definitivi e privi di alternative – anche qui si manifesta la logica del ‘loosely coupling’. Possiamo ridire, con Maturana, che “interazioni ricorrenti e ricorsive producono accoppiamenti strutturali”.
Gli oggetti, e i tag che li descrivono, sono frutto del lavoro libero -non dipendente da procedure, ma orientato alla collaborazione- di una infinita pluralità di soggetti. Chiunque, qualunque persona interessata, può produrre ed usare conoscenza. Il risultato è un’‘intelligenza collettiva’, e anche -è stato detto- la ‘saggezza delle folle’2 offrono risultati ricchi proprio perché inattesi, non prevedibili.
Guardiamo ad esempio -in questo quadro più complessivo- la vicenda dell’eLearning. Che ci appare, nella sua immagine più evoluta e matura, come piattaforma: Learning Management System. La piattaforma -costruita ad hoc a questo scopo- fornisce gli strumenti per la costruzione di learning object, e per il loro ‘montaggio’ in insiemi -courseware- fruibili a fronte di un dato scopo formativo. E poi, naturalmente, la piattaforma è accessibile ai destinatari della formazione, che possono così usare i courseware.
La visione di Weinberger e di Bernes-Lee non nega valore all’eLearning, ma ci mostra come tutta l’impalcatura su cui l’eLearning si fonda non sia che un’interpretazione riduttiva dell’idea di Web Semantico. I learning object non sono altro che oggetti di conoscenza. Il courseware non è altro che una struttura che lega tra di loro gli oggetti. Ma si tratta di oggetti pensati in un funzione di un unico scopo. E la struttura che li lega è rigida, discendente da un modello dato a priori, un modello che descrive il percorso formativo che il formatore-gatekeeper ha univocamente scelto.
L’eLearning, dunque, non è che un caso particolare del Knowledge Management. Delle infinite possibilità di costruire conoscenza, la piattaforma di eLearning ne sceglie una ed una sola. Mentre l’idea del Web Semantico è di lasciare aperta ogni possibilità.
Possiamo intendere il Web 2.0 come inveramento pratico del Web Semantico. La visione è ripresa in modo riduttiva, annacquata dallo scopo di lucro, ma non è tradita. Perciò anche il Web 2.0 ci appare un passo più avanti dell’eLearning cresciuto come mondo a sé stante. Lo conferma il fatto che i Learning Management System si sono evoluti fino ad essere ormai piattaforme Web 2.0.
Si impone quindi un interrogativo. Essendo le piattaforme Web 2.0 pensate per permettere ad ognuno sia di scrivere che di leggere, sia di produrre conoscenza che di fruirne, quale senso assume, nel nuovo scenario, la distinzione tra il ruoli di chi è autorizzato a scrivere ed il ruolo di chi può solo leggere? Come può essere ripensata in un mondo non più dominato dal Gatekeeping la distinzione tra l’autore dei courseware, e in senso ampio il formatore, da un lato, e dall’altro il frequentatore del corso, sia via computer, o sia anche in aula?




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