domenica 6 dicembre 2015

Tornare a filosofare con l'aiuto della macchina. Wittgenstein vs. Turing


Tra gli argomenti centrali di Macchine per pensare sta il 'non contentarci delle macchine che abbiamo'. La macchina che abbiamo, il computer di Turing e von Neumann non è stato progettato per aiutarci a pensare. Al contrario, è stato progettato per imporci un modo di pensare. Per questo conviene all'uomo usare il computer in un modo 'barbaro'. Solo così il computer è strumento per espandere l'umana capacità di pensare in modo libero e creativo.
Riprendo da Macchine per pensare questo brano:

Argomenta Wittgenstein:

La macchina come simbolo del suo modo di funzionare: La macchina -potrei dire a tutta prima- sembra già avere in sé il suo modo di funzionare. Che significa ciò? Conoscendo la macchina, sembra che tutto il resto, cioè i movimenti che essa farà, siano già completamente determinati.
Parliamo come se queste parti si potessero muovere solo così, come se non potessero fare nulla di diverso- (...) Usiamo la macchina, o l'immagine di una macchina, come simbolo di un determinato modo di funzionare. (...) Potremmo dire che la macchina, o la sua immagine, sta all'inizio di una serie di immagini che abbiamo imparato a derivare da questa.

Wittgenstein, così come smonta le pretese della logica formale, apre ad altri tipi di linguaggi, e ci richiama a considerare la ricchezza dei linguaggi naturali, della lingua ordinaria, così anche ci
spinge a non contentarci della macchina che abbiamo, macchina di Turing e di von Neumann.
La macchina di Turing e di von Neumann non è né la migliore né l’unica delle macchine possibili, “perché certamente la macchina può muoversi anche in modo del tutto diverso”.
Wittgenstein aveva anche tentato di convincere Turing ad allargare lo sguardo - quando il giovane matematico aveva partecipato alle lezioni del filosofo, a Cambridge, al termine degli Anni Trenta. Tentativi vani. Wittgenstein insiste nel considerare le macchine come conseguenza del pensiero umano. Turing insiste nel limitare il campo per via di regole formali, e per immaginare machine in grado di sostituire l’uomo.
Wittgenstein dunque, scrivendo negli Anni Quaranta, sa da dove viene e cosa è il computing. E non a caso Wittgenstein proprio qui, parlando di come possiamo cogliere il senso della macchina, si sporge fino ad offrire una estrema, stimolante definizione di cosa è la filosofia.

Wann denkt man denn: die Maschine habe ihre möglichen Bewegungen schon in irgendeiner mysteriösen Weise in sich? - Nun, wenn man philosophiert. (...)
Wir sind, wenn wir philosophieren, wie wilde, primitive Menschen, die die Ausdrucksweise zivilisierter Menschen hören, sie mißdeuten und nun die seltsamsten Schlüsse aus ihrer Deutung ziehen.

Quando si pensa che le macchine hanno già in sé, in qualche modo misterioso, i propri possibili movimenti? -Beh, quando filosofiamo. (…)
Noi siamo, quando filosofiamo, come uomini primitivi, come dei selvaggi, che ascoltano le espressioni di uomini civilizzati, le fraintendono, e poi traggono dalla loro interpretazione le più strane conclusioni.

Wir sind, wenn wir philosophieren, wie wilde, primitive Menschen. Noi siamo, quando filosofiamo, come uomini primitivi. Uomini che pensano di nuovo, ponendosi in una posizione originaria. Bisogna dire: ‘quando filosofiamo’. Quando ‘facciamo della filosofia’, o ‘quando facciamo i filosofi’ sarebbe svalutare il senso, subordinarlo al giudizio dei filosofi di professione, che credono di pensare, in virtù di un qualche riconoscimento istituzionale, meglio degli altri esseri umani. Ma Wittgenstein ci dice: non sono loro che sanno filosofare. Sa filosofare chi si allontana dal loro pensiero eletto a canone.
Mißdeuten: misinterpretare, fraintendere, non in senso riduttivo -come se avessero ragione Frege e Turing- e il senso fosse definito una volta per tutte in un Libro delle Regole-, ma ‘capire tra le righe’, che è il senso originario di intelligere, inter ligere.
E poi, come in Freud, troviamo aus ihrer Deutung: dall’interpretazione di quei segni, che accettiamo come stranieri, come provenienti da un altro mondo, si potranno trarre conclusioni strane, non previste dal Libro delle Regole, e per questo ricche.
Come Freud riconosceva vantaggioso lo sguardo dei profani sui sogni, così Wittgentein ci invita a guardare il mondo, e le macchine, con sguardo selvaggio, barbaro, esterno - se vogliamo: sguardo da marziano. Così, con sguardo di un barbaro, dobbiamo osservare la macchina.
Se per Turing la macchina può pensare come l’uomo e anzi al posto dell’uomo, per Wittgenstein la macchina è sempre -come in altro modo diceva Marx- frutto del pensiero dell’uomo. E anzi la macchina c’è solo perché l’uomo la sta pensando.
Se per Turing la presenza della macchina chiama l’uomo al rispetto delle regole, per Wittgenstein la presenza della macchina chiama l’uomo ad andare oltre ogni Libro delle Regole.
Se per Turing la presenza della macchina giustifica la resa dell’uomo alla passività, per Wittgenstein la presenza della macchina è un interrogativo aperto. La presenza della macchina sfida l’uomo, e lo incita a scoprire il senso, sempre nuovo senso.

Nota
Le citazioni di Wittgenstein sono tratte da: Ludwig Wittgenstein, Philosophische Untersuchungen, Basil Blackwell, Oxford, 1953; trad. it. Ricerche filosofiche, Einaudi, 1967, §193, § 194. Trad. mia.


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