mercoledì 9 settembre 2009

Derrida e la scrittura digitale

Derrida: 'la trasparenza del discorso orale può essere contestata; anche il discorso orale è una forma di scrittura'. A prima vista, il ragionamento appare come un elegante paradosso, e nient'altro. Ma la situazione tecnologica nella quale mi muovo nel momento in cui scrivo permette di andare oltre, e di cogliere il senso profondo che la la scrittura di Derrida ospita – forse al di là di ciò di cui lo stesso Derrida è consapevole.
Derrida: 'scrittura è la forma primaria di espressione della personale conoscenza, della esperienza che ognuno fa interagendo con il mondo che lo circonda'. Ovvero: l'esperienza ha valore se 'prende forma'. Il prendere forma, Bildung, è il processo necessario alla costruzione di conoscenza. Il 'prendere forma' può manifestarsi in forme diverse.
Derrida: 'scrittura è qualsiasi cosa che separi la lingua dall’immediatezza della percezione non mediata'. Ovvero: faccio esperienza interagendo con il mondo, tramite la lingua esprimo l'esperienza.
Derrida: 'è scrittura qualsiasi manifestazione del linguaggio che lascia traccia o iscrizione'. Ovvero: anche il discorso orale è una forma di di scrittura. Il considerare scrittura solo il vergare segni su un supporto è accanirsi a guardare il mondo con gli unici occhiali dei quali disponevamo in una fase storica e tecnologica. La scrittura è la costruzione del codice. Il codice 'sta dietro', 'sta sotto', 'c'è prima'.
Derrida: 'la scrittura, e non l’oralità, è la manifestazione fondamentale della lingua'. Ovvero: la lingua è il modo attraverso il quale l'uomo esterna l'esperienza, l'interazione tra sé e il mondo. La lingua è codifica, senza la codifica la conoscenza non può essere esplicitata, conservata, condivisa, riutilizzata. L'oralità, così come il vergare segni su un supporto, sono utilizzi della conoscenza codificata.
Questo, credo, intende Derrida. Senza saperlo -ritengo che le sue conoscenze di informatica fossero scarse o nulle, ma il suo sguardo non era velato da pregiudizi come lo è invece lo sguardo di altri filosofi: Severino, o Galimberti- Derrida parlando di scrittura, ci parla di ciò che l'informatica chiama digitalizzazione. Conservazione, tramite adeguata codifica, dei dati grezzi che hanno in sé la conoscenza, prima che questa prenda forma in uno o in altro modo, in uno degli enne modi possibili.
Se, lungo millenni di storia, abbiamo finito per intendere per scrittura esclusivamente i segni graffiati, vergati, tracciati su un supporto, tramite uno strumento incisivo, e poi tramite una penna-, è solo perché questa era l'unica tecnologia di cui disponevamo: per conservare conoscenza, per mantenerla in uno stato che ci permettesse di riutilizzarla, non potevamo fare altro che scrivere.
Ora che disponiamo di nuove tecnologie -Derrida, non suo modo visionario ed ermetico ci parla credo di questo- possiamo ben intendere la scrittura in un senso più ampio: tecnologia che rende possibile l'esternare conoscenza, tecnologia che rende possibile accedere alla conoscenza.
Quando Platone nel Fedro sostiene i meriti dell'oralità rispetto alla scrittura, coglie con acume il limite della scrittura su carta. “Il discorso di colui che sa, vivo e animato”, se trasferito su carta si trasforma in qualcosa di fisso e chiuso, che di quel discorso potrebbe “giustamente dirsi un simulacro”. “I discorsi scritti” non sono niente più “del richiamare alla memoria di chi già li conosce gli argomenti trattati nello scritto”. Le possibili connessioni, i possibili modi di intendere quella tela viva che è il testo sono ridotte nello scolastico confine di ciò che è già stato scritto su carta.
La parola scritta su carta, così come l'informazione conservata nei Data Base, cozza ancora oggi con questi impoverenti limiti. La povertà tecnologica della codifica consistente in un solo tracciato -i segni che ho vergato sul supporto, le informazioni ingabbiate nel data model, nel tracciato record o nelle tabelle di un Data Base-, rende ancora attuale la critica di Platone. Molto meglio del testo scritto su carta, ingabbiato dal già tracciato, il testo che ho in mente, aperto a infinite articolazioni, a sempre diverse evoluzioni.
La caratteristica dello sguardo di chi costruisce Basi Dati, e di chi scrive già pensando al libro, è la fissità: cerca la struttura invariabile. Come lo sguardo di Linneo, non vede l'evoluzione e trascura la variazione.
Ma Derrida ci aiuta a guardare oltre, e a cogliere gli enormi vantaggi della codifica che il computing ci mette a portata di mano. Ci spinge a cogliere il movimento, lo sviluppo. Non c'è un testo già dato, stabilito per sempre. Il testo è il continuo divenire della conoscenza che si fa istante dopo istante. In questo momento colgo il testo in una delle sue possibili manifestazioni.
La scrittura, così come è intesa da Derrida, va oltre le critiche di Platone: ci appare come necessaria massa informe, ma contenente in se il germe della propria organizzazione. Una organizzazione che puo' manifestarsi -Bildung- in forme sempre diverse, ed è in fondo sempre in fieri.
E la descostruzione di Derrida ci appare meno oscura se la intendiamo come risalita, o ritorno, dal testo scritto su carta al retro-testo, o meta-testo, frutto della mia capacità di connettere, di tessere la tela di una narrazione. Retro-testo, meta-testo di cui il testo scritto su carta non è che una delle possibili manifestazioni.
La decostruzione di Derrida ci appare meno oscura se,- in senso più lato, guardando le cose al di fuori del tradizionale panorama che ci è concesso se guardiamo il mondo non solo attraverso i libri- la intendiamo come la perenne ristrutturazione di cui è passibile la conoscenza digitalizzata.
Decostruire è 'guardare dietro', guardare sotto' alla conoscenza come appare attraverso una sua manifestazione. 'Dietro' e 'sotto' e 'prima' di ciò che sto scrivendo su un foglio, così come 'dietro' e 'sotto' e 'prima' della parola pronunciata oralmente, c'è la conoscenza che sto portando in questo istante alla luce.
Infatti, i dati digitalizzati relativi a quella conoscenza, costituiscono il codice che mi permette sia di manifestare quella conoscenza sotto forma di parola pronunciata -pensiamo a un file mp3- sia sotto forma di parola scritta tramite segni alfabetici -pensiamo ad un file Word-.
Il codice è la scrittura. Scrivendo creo codice passibile di utilizzi diversi.

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