martedì 8 dicembre 2009

The Mother of All Demos. Doug Engelbart e l'esordio del Persona Computer

9 dicembre 1968, San Francisco, Monday Afternoon, 3:45
Sorridente, ma non per questo privo di preoccupazioni Engelbart inizia a parlare. Getta ogni tanto lo sguardo alle sue spalle – sullo schermo non appare ancora nulla. Ma intanto affronta il tema, la questione chiave: “if you had a workstation at your disposal all day that was perfectly responsible... or responsive”. Ecco il Personal Computer, macchina a totale disposizione della persona, protesi della sua mente, macchina connessa ad altre macchine, nodo di una rete infinita.

Word processor
Engelbart mostra il funzionamento del Word processor. Questo modo di scrivere che ci è diventato ormai usuale, così diverso dal vergare segni su carta. “Word processing beginning with blank piece of paper”, dice Engelbart.
Se ci siamo abituati a parlare di ipertesto, di link e di tag, è solo perché la parola testo porta con sé i limiti della tecnologia alla quale siamo stati così a lungo assoggettati: siamo abituati a vedere il testo schiacciato sulla pagina scritta.
Engelbart, tranquillo, e intimamente soddisfatto, consapevole, senza ostentazione, della novità di ciò che sta mostrando, ci mostra come si può andare al di là: interagendo con i segni sullo schermo, interagisco -tramite potenti utensili- con la mia mente, con il testo che ho in mente.

Complex Information Structure
Engelbart scrive sullo schermo, e intanto spiega.
“An instrument/vehicle for helping humans to operate whitin the doman of Complex Information Structure”. Operate, ci dice, è “compose, study and modify”. La Complex Information Structure è -ci mostra tracciando sullo schermo un grafo- una rappresentazione dei legami tra concetti. La struttura che abbiamo in mente “is too complex to investigate in linear text”, perciò non può bastarci una macchina capace di trattare testi fatti di parole messe in sequenza.
Mostra come come attraverso un instrument/vehicle pensato allo scopo, sia possibile muoversi nella Complex Structure. Andando definitivamente oltre l'idea di una 'macchina per scrivere' evoluta, la macchina di Engelbart è una macchina per pensare: “The computer is a tool for navigating through those structures and examining them in ways that would be too complex otherwise”. La macchina ci permette di lavorare con la conoscenza, allargando l'area delle capacità umane.

Mouse
Engelbart usa il mouse, e intanto parla del mouse. "I don't know why we call it a mouse. It started that way and we never changed it."
Forse c'è di mezzo l'osservazione topi da laboratorio, forse la forma dell'oggetto, con il filo che è una cosa, forse il movimento sullo schermo grafico ancora poco evoluto, come si vede nel filmato della demo di Engelbart, appare come un topolino con la coda. Sembra non sia stato Engelbart a trovare il nome, parola nuova, sembra sia stato invece Bill English, suo principale collaboratore, l'uomo che stava dietro le quinte durante la demo di San Francisco. (L'Oxford English Dictionary registra mouse nel senso di “pointing device” facendo riferimento a: Bill English, "Computer-Aided Display Control", 1965. O. E. D., Second Edition. edited by John Simpson and Edmund Weiner, 1989).
Ma forse più significativo per noi un percorso di senso che ci giunge attraverso l'etimologia. C'è già in greco e poi in latino una connessione tra 'topo' 'muscolo'. Il latino musculus, 'muscolo', è diminutivo di mus, 'topo': perché la forma del muscolo, il suo guizzare, il suo rapido movimento, richiamano per analogia forma e movimento del topo. Ora, il muscolo è una fondamentale componente della macchina umana. Ed oggi, in specie per un 'lavoratore intellettuale' lo sviluppo muscolare è meno importante di prima, perché il lavoro si svolge non attraverso la forza dei muscoli, ma per mezzo di utensili. Poi l'uomo ha appreso ad usare utensili. L'artista ha in mente l'opera e la crea tramite utensili. La forza dei muscoli era indispensabile per usare lo scalpello. Basta invece un leggero movimento per usare il mouse, muscolo virtuale connesso alla mente della persona.

Web
Engelbart connette la sua macchina con le macchine di suoi collaboratori e colleghi, che sono presso il laboratorio di Menlo Park: vediamo la loro immagine sullo schermo, alle spalle di Engelbart che dialoga con loro. Ci viene come scambiarsi messaggi, e come il testo possa essere, e anzi sia nella sua essenza -se gli strumenti ci permettono di andare oltre i limiti della scrittura su carta- oggetto e frutto di lavoro collaborativo.
Tutti convocati attorno allo stesso testo, ognuno può dare il suo contributo nel costruirlo, modificarlo, aggiungere annotazioni e tag (etichette) e link (connessioni ad altri luoghi del documento, o di altri documenti), Engelbart e Bill Paxton e Jeff Rulifson e Bill English e tutti gli altri dell'Augmentation Research Center.

Tutto ciò che ci appare oggi ovvia possibilità, appariva lì, in quel pomeriggio del dicembre 1968, a qui ‘normali’ professionisti del computing lì stupiti in sala, come cosa nuova, strumento inusitato.

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