venerdì 28 gennaio 2011

Il Web è la letteratura, la letteratura è il Web

Cosa è la letteratura. Una domanda che pare eccessiva, o troppo banale.
Borges, forse più di ogni altro autore del Ventesimo Secolo, ci spinge a osare, e a non dare per scontato lo ‘spazio letterario’. La Biblioteca di Babele distrugge i confini limitati che la nozione stessa di biblioteca porta con se. La costruzione di senso ci appare nel giardino dei sentieri che si biforcano slegata da qualsiasi cammino già percorso. Menard che riscrive il Don Quijote distrugge il ruolo consolidato dell’autore inteso come forgiatore di opera nuova. Funes che non riesce a dimenticare distrugge il ruolo del lettore stupido di fronte ad un libro nuovo.
Lo sguardo di Borges si affaccia dall’esterno sulla letteratura che conosciamo, facendocela apparire come niente più di una delle letterature possibili. I confini tra generi letterari, tra letterature nazionali, tra letteratura alta e letteratura bassa, tra mainstream e schund, alla luce del suo sguardo, ci appaiono del tutto convenzionali.
E ancora la letteratura, con Borges, ci appare come ‘costruzione in abisso’: Borges meta-autore scrive di Borges autore; dentro una biblioteca universale sta una biblioteca che contiene un altra biblioteca, e così in un gioco infinito. E dentro un libro sta un libro rimanda ad ogni altro libro. E dunque la letteratura è un sistema ricorsivo: una macchina per compiere attività ripetitive. E dunque la letteratura è un meta-testo che contiene ogni testo. E dunque la letteratura è un prodotto collettivo, dove la figura del singolo autore appare ricondotta al suo marginalissimo significato. Il singolo autore è autore di niente più che minuscole varianti di un’opera che è costruzione sociale in continuo divenire. Ogni singola opera non è che una rete intimamente connesse a una rete più vasta, opera omnia.
Possiamo dire che Borges, con lo sguardo anticipatore dell’artista, ci parla della letteratura così come essa ci si presenta nell’epoca del computing e del World Wide Web.
Possiamo allora forse dire che Borges ci guida nel rispondere ad un fascio di interrogativi che osservatori attenti si pongono.
Cosa cambia nella macchina della produzione di letteratura lì dove la letteratura è prodotta per mezzo di computer – perché ormai l’autore scrive con un word processor – e quindi ogni testo è un testo digitalizzalo. E perché anche dove l’autore continui a scrivere con carta e penna il testo è rivisto da editor ed editori mediante computer, ed in ogni caso la digitalizzazione è necessaria mediazione anche per la stampa del tradizionale libro cartaceo.
Cosa cambia quando il testo è impalpabile ‘software’, codice digitalizzato, scrittura che può generare manifestazioni differenti, manifestazioni che possono apparire agli occhi del fruitore come sequenze di segni alfabetici, di ideogrammi, di immagini fisse o in movimento, di suoni o di musica.
Cosa cambia quando di fronte a questo testo, sempre potenzialmente in fieri, autore, lettore ed interprete perdono le reciproche distante, fino ad apparire come diversi atteggiamenti di una stesso persona.
Cosa cambia quando la letteratura è fruibile come sistema percorribile muovendosi all’interno della singola opera con libertà sconfinata, seguendo una parola, una frase, un percorso di senso. Cosa cambia quando il testo non è più unidirezionale, condizionato da un inizio ed una fine, da un incipit ed un explicit, ed è invece liberamente percorribile come rete. Questa enorme novità, possiamo sottolineare, è talmente rivoluzionaria da spingerci ad adottare una nuovo termine: ‘ipertesto’. Perché, sebbene ogni testo sia potenzialmente ciò che oggi intendiamo con ‘ipertesto’, la parola testo -che pure sta per ‘tessuto’, e quindi ci parla già di questa possibilità, di questa implicita rete- la parola testo vede ridotto il suo senso dall’analogia con il libro.
Cosa cambia quando la letteratura –intesa come biblioteca digitale– è percorribile attraversando le singole opere, scomponendole e ricomponendole, in enne sempre diverse opere possibili.
Cosicché quando parliamo di ‘critica del testo’, o di ‘teoria della letteratura’, limitiamo il nostro pensiero alla letteratura fatta di opere discrete, ognuna chiusa nella forma di singolo libro.
E cosa cambia quando la letteratura non è più soggetta all’oblio. La produzione letteraria, abbiamo sempre pensato, gode del vincolo legato alla memoria. La memoria ci appariva fino ad ieri per sua natura limitata. L’impossibilità di ricordare tutto ci impone di reinventare. Il poeta, ci siamo detti, è colui che abusa: va oltre il senso già dato. Ma se ora disponiamo di memoria infinita, se tutto può essere ricordato, se è facile accedere a tutto ciò che è stato scritto, ed anche a tutta la letteratura orale, quale spazio resta, o si apre, per la creazione letteraria.
Sono domande senza risposta. Ma le domande ci permettono di dire che la letteratura è altrove, non è più, solo, lì dove la cercavamo. Non è più solo nelle poche opera pubblicate, conservate in biblioteche sotto forma di libri cartacei. Non è più solo dove continuano a cercarla critici letterari, storici della letteratura, filologi.
In questa luce ci appare criticabile l’atteggiamento di studiosi che si affacciano sullo scenario aperto dalle ‘nuove tecnologie’, e magari si interrogano a proposito della ‘lingua del web’ ed lavora su corpora estratti dal Web. Il loro atteggiamento è criticabile perché considerano la ‘letteratura sul Web’, un mondo separato e minore rispetto al nobile mondo letterario fatto di tradizionali libri.
In questa luce appare criticabile l’atteggiamento di quegli studiosi ben disposti verso il nuovo che emerge, e che pure meravigliati si interrogano sul perché non sia apparso, nei dieci o vent’anni di vita del Web, nessuna opera che ai loro occhi di critici attenti appaia come ‘capolavoro’. Essi cercano il ‘capolavoro’ lì dove, nel nuovo scenario, non può essere. Cercano la singola opera, così come la si poteva cercare nel mondo letterario fatto di opere discrete, di singole opere chiuse in singoli libri.
Dovremmo imparare a guardare altrimenti alla letteratura. La letteratura è il World Wide Web. Il World Wide Web è la letteratura. Nel Web potremo trovare, come Borges ci ha insegnato, ogni opera possibile. Il ‘capolavoro’ è lì, ma non già costruito, inteso come unico capolavoro possibile. Nel Web sta il capolavoro come sistema di possibilità, come testo potenziale. Forse sarà il critico attento, forse ogni ‘lettore’, a costruire ‘capolavori’ muovendosi nella gran galassia.
Oltre Borges, mi pare che ci guidi Marx quando parlava di General Intellect. E mi pare abbastanza evidente il filo che lega la noosfera di Theilard de Chardin, il pianeta modificata dal pensiero umano in una continua evoluzione, alla biosfera di Vernadski,il globo terrestre inteso come sistema vivente unitario. Altrettanto evidente è il passaggio dalla biosfera di Vernadski alla semiosfera di Lotman. La semiosfera è il luogo della semiosi, della continua, indefessa produzione di senso.
Forse proprio da Lotman dovremmo ripartire, se il nostro scopo è intendere perché il Web è la letteratura e la letteratura è il Web.
“L’universo semiotico”, ci dice Lotman, “può essere considerato un insieme di testi e di linguaggi separati l’uno dall’altro. In questo caso tutto l’edificio apparirà formato da singoli mattoni”. E questa è la letteratura che conosciamo, fatta di sigole opere, singoli libri, singole biblioteche. “È però più feconda”, continua Lotman, “l’impostazione opposta. Tutto lo spazio semiotico si può considerare infatti come un unico meccanismo (se non come un unico organismo). Ad avere un ruolo primario non sarà allora questo o quel mattone, ma il ‘grande sistema’ chiamato semiosfera”.

2 commenti:

  1. Ho trovato molto interessante questa Sua riflessione, soprattutto rapportandola al mio lavoro. Sono una web designer/developer e, da libera professionista quale sono, trovo spesso molto utile il confronto con esperti del settore, al fine di trovare soluzioni nuove a seconda del progetto e dei casi d'uso relativi ad esso. Ebbene, il web intero per me si delinea come una fonte inesauribile di casi d'uso eccezionalmente simili a quelli che mi si prospettano programmando. E' proprio dal web, quindi, che nasce il confronto con altri professionisti, è proprio sul web che riesco a trovare quella letteratura di cui avrei avuto bisogno per trovare gli spunti necessari nel pensare a soluzioni nuove. Il web inoltre, a mio avviso, supera il concetto tradizionale di letteratura, in quanto è in perenne aggiornamento; in tempo reale è possibile confrontarsi e dialogare con persone mai conosciute prima e ricevere o fornire risposte personalizzate rappresenta la più grande conquista tecnologica per la diffusione del sapere umano.
    Così mi trovo in totale accordo con Lei nell'affermare che "[…] il testo non è più unidirezionale, condizionato da un inizio ed una fine, da un incipit ed un explicit, ed è invece liberamente percorribile come rete. Questa enorme novità, possiamo sottolineare, è talmente rivoluzionaria da spingerci ad adottare un nuovo termine: 'ipertesto'". E la rivoluzione si sente e si tocca con mano, il mio lavoro ne risulta sempre più arricchito da consigli di altri esperti, è come se fosse poi il risultato di quella "intelligenza collettiva" di cui tanto si parla e su cui tanti studiosi riversano il proprio entusiasmo. Inoltre mi rendo conto di come riesco ad apprendere molto velocemente e approfonditamente parecchi metodi di programmazione in diversi linguaggi, accrescendo così le mie competenze informatiche. In definitiva, rivolgendomi al web sia come professionista che desidera ampliare le proprie conoscenze, sia come esperta in grado di poter contribuire alla crescita di altri colleghi, mi sento davvero parte di un unico grande sistema; come direbbe Lotman, della semiosfera caratterizzata dagli umwelten dei web designers di tutto il mondo.

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