lunedì 1 luglio 2013

Facebook e la privacy: chiedere garanzie al nemico, o meglio andare altrove

Leggo su Facebook in questi giorni il post di diversi amici -sopratutto amiche, forse anche questo vuol dire qualcosa-. E' un testo standard.
"FB ha cambiato ancora una volta la sua configurazione della privacy! A causa della nuova “graphic app” qualunque persona in FB può vedere le tue foto, i tuoi “mi piace”, i tuoi commenti.
Voglio tenere privati i miei rapporti con te. Voglio pubblicare foto di familiari e amici senza che gli estranei vi abbiano accesso; questo succede quando i miei amici cliccano 'mi piace' o aggiungono commenti: automaticamente i loro amici possono vedere anche i nostri messaggi. Purtroppo non possiamo cambiare noi stessi questa configurazione perché FB l’ha configurata così."
Si chiede quindi di compiere una semplice operazione.
"Colloca il puntatore del mouse sul mio nome, senza cliccare; apparirà una finestra. Ora muovi il mouse su 'Amici', sempre senza cliccare, poi clicca su 'impostazioni' e apparirà una lista. Togli la spunta a 'avvenimenti importanti' e 'commenti a mi piace'. In questo modo, la mia attività tra me e i miei amici e familiari non diventerà pubblica."
Spero di aver corrisposto a questa richiesta tutte le volte che mi è stata rivolta. Condivido naturalmente il desiderio di riservare ad una cerchia ristretta certe informazioni, i gusti, le scelte, le appartenenze. 
Ma vorrei che si riflettesse anche sul paradosso implicito nella richiesta di amiche e amici.
Facebook è una società con scopo di lucro, e quindi persegue un proprio interesse, che è diverso da quello di ognuno di noi. Dal punto di vista di Facebook, ci sono ovviamente motivi per comportarsi come li comporta. Qualcosa, a proposito di cosa sta dietro la nuova graphic app, lo spiega bene qui Marco Bruschi. Invito tutti coloro che si mostrano seccati e indignati per l'agire di Facebook a leggere questo post
Facebook è una piattaforma fondata su una ideologia, su una scelta di fondo criticabile per principio: proporre un surrogato del Web, una versione semplificata. Il Web è un bene comune, Facebook è una imitazione accattivante di un bene comune. Facebook è un luogo dove qualcuno ci ospita, ma imponendoci le proprie regole di ospitalità. Da subito ci dice che può disporre di tutto ciò che pubblichiamo -sia pure dentro determinati vincoli, vincoli che però si riserva di modificare unilateralmente. (Ho cercato di esprimere questo mio punto di vista in questo post).
Abissalmente diverso è il Web: lì le regole sono frutto di una sia pur imperfetta scelta cooperativa. Numerosi sono sul Web i luoghi dove possiamo 'postare' testi che esprimono le nostre opinioni, e foto, e qualsiasi altro oggetto di conoscenza, luoghi che possiamo rendere accessibili solo a chi vogliamo noi.
Muoversi nel Web, creare luoghi riservati, richiede un minimo di conoscenza e di attenzione. Ma dobbiamo pur conoscere la macchina se vogliamo usarla consapevolmente.
Non dico quindi di non usare Facebook. Dico di usarlo con cautela. Se tutti sono su Facebook, sto lì anch'io. Ma nessuno mi obbliga a pubblicare su Facebook i miei dati personali. Nessuno mi obbliga a mettere lì le foto dei miei cari o dei miei amori segreti. Posso ben usare Facebook per rimandare i miei amici in altri luoghi del Web, più protetti, luoghi costruiti secondo le mie esigenze, dove io stesso posso decidere chi accede, e anche stabilire regole di accesso diverse da caso a caso, a seconda dei materiali e delle persone. 
Usiamo Facebook come vetrina. Se su Facebook tutto è pubblico, basta saperlo, e scegliere cosa vogliamo rendere pubblico, tramite questa vastissima arena.
Se invece per comodità o semplicità finiamo per mettere su Facebook cose che per noi hanno valore, non credo che abbiamo molto di cui lamentarci. Mark Zuckenberg ha creato Facebook per speculare sulla nostra pigrizia. Sta a noi non mettere nelle sue mani roba che vorremmo tenere riservata.

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