mercoledì 2 aprile 2014

Indicizzazione

Vannevar Bush, già Vice President e Dean della School of Engineering del MIT, Presidente della Carnegie Institution for Science, nel 1940 è, per scelta personale del Presidente Roosevelt, nominato a capo della National Defense Research Committee, l’ente destinato a coordinare i progetti di ricerca motivati dalla Seconda Guerra Mondiale -dalla bomba atomica al radar, dalla penicillina al computer-..
Nel ‘45, quando la guerra volge al termine, scrive As We May Think, articolo dove anticipa ciò che oggi conosciamo come Personal Computer e World Wide Web.
Una delle argomentazioni chiave dell’articolo è la seguente: la nostra difficoltà ad accedere ai dati, che pure sono conservati in un archivio, in una biblioteca, o in un database, risiede nell’“artificiality of systems of indexing”.
La radice indeuropea deik - ‘indicare’- è l’origine sia di dito che di dire. Con il dito indico uno stato del mondo: in greco deixis, ‘deissi’, il mostrare, l’indicare.
Ma tutto, così agendo, si risolve nell’atto. Non ne resta traccia. Per ovviare a ciò dobbiamo conservare le tracce delle indicazioni. A questo fine, usiamo una qualche forma di scrittura -la storia della parola ci rimanda all’idea di ‘vergare segni su un supporto’-, o codifica -la storia della parola ci rimanda al idea del supporto: in origine la corteccia di un albero. La sequenza immodificabile dei segni vergati un supporto è la prima manifestazione dell’indice.
L’indice di un libro è un artificio tecnologico teso a permetterci di ritrovare il singolo argomento, il singolo dato, conservato nel libro. L’indice è anche l’ossatura logica di qualsiasi catalogazione di biblioteca. L’indice è, in informatica il file contenente i valori che specificano l’ordine logico dei record presenti in un altro file. L’indice è, generalizzando, ed usando le parole di Vannevar Bush, il modo di recuperare (retrieve) “data of any sort placed in storage”.
Ed ancora -poiché la politica ed il controllo sociale si appoggiano sulla tecnologia- l’indice è l’Index librorum prohibitorum pubblicato nel 1559 dalla Santa Congregazione dell’Inquisizione Romana, sotto il papato di Gian Pietro Carafa, Paolo IV.
Bush pensava che l’indicizzazione -l’organizzare oggetti o dati secondo elenchi ordinati, secondo una gerarchia di classi e sottoclassi predefinite- fosse controproducente, “perché la mente umana non funziona così”; non funziona come se scorressimo un indice. Funziona, invece, per associazioni, per connessioni.
Bush anticipa così, settanta anni fa, l’utilità ciò che chiamiamo ‘motore di ricerca’, strumento che appunto ci permette di recuperare informazioni a prescindere da come sono state archiviate ed indicizzate.

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