domenica 10 maggio 2020

Cosa posso fare accompagnato dalla macchina

Sto terminando di scrivere un libro, di cui su questo blog esistono varie tracce: Le Cinque Leggi Bronzee dell'Era Digitale. E perché ci conviene trasgredirle. Sono anche grandemente in ritardo nella consegna del libro al mio editore, Guerini e Associati.
Il blog è una libera accumulazione di testi, il libro ha una struttura più  chiusa. Giunti verso la  fine della stesura del libro si toglie, si aggiunge, si lima. Questo testo era compreso nella Conclusione delle Cinque Leggi Bronzee. Ma ora l'ho tolto. Lo pubblico qui, Nel libro, di questo testo, ho tenuto buono solo un capoverso, quello che inizia dicendo: Inevitabilmente, è un mare ricco di insidie...

Cosa possiamo fare accompagnati dalla macchina che abbiamo sempre con noi - in tasca, sulle ginocchia, sul tavolo. 
Possiamo intanto scientemente ignorare e trasgredire le pressanti indicazioni provenienti in modo sempre più subdolo dalla macchina. Possiamo scegliere di non dar retta alle notifiche. Diffidare da ogni contenuto che la macchina spaccia come “consigliato per te”. Possiamo per quanto possibile evitare di farci dettare i tempi e le priorità dalla macchina. Lungi dal sentirci obbligati ad entrare ogni giorno, ogni ora nei cosiddetti Social Network -Facebook,Twitter, Instagram o qualsiasi altro- possiamo entrarci solo quando e se abbiamo un motivo per farlo legato alla nostra vera vita di persone in carne ed ossa. Nel muoverci all'interno di questi poveri simil-mondi -in realtà istituzioni totali dove ci è negata libertà- converrà fare il possibile per portare lì conoscenze nuove, temi, argomenti provenienti dal mondo. Per esempio, proporre link, legami che rinviano ad altri testi, documenti, fonti accessibili in qualche luogo del World Wide Web.
Non dobbiamo infatti dimenticare che esiste un abisso tra la libertà e l'apertura che -con tutti i suoi limiti e le sue contraddizioni- ci offre il World Wide Web e la chiusura che caratterizza i Social Network. Basta vedere come ogni regime dittatoriale osteggia e limita il libero accesso al Web, ed accetta invece l'uso dei Social Network. E anche che c'è da preferire in ogni caso un sito Web ad una App. Le App sono una gabbia. Dietro la semplicità d'uso c'è l'assenza di qualsiasi trasparenza su quali dati ci vengono fatti vedere, e quale uso viene fatto dei dati da noi prodotti, quale tracciamento di ogni nostra azione. Usiamo qualsiasi strumento digitale partendo dalla supposizione che tramite quello strumento siamo sorvegliati, controllati. Che qualsiasi cosa pubblichiamo in un qualsiasi luogo digitale è, come dice il verbo stesso, pubblica.
Teniamo presente che siamo stati drogati e che i processi di disintossicazione sono lenti e faticosi; che esiste una tecnocrazia che ha interesse a tenerci chiusi in questi simil-mondi; che siamo condizionati da spinte gentili, ma tese a forzare la nostra volontà, la nostra scelta.
Restimo consapevoli che le nostre umani relazioni -amicizie, affetti, amori- non sono quelle che appaiono nei luoghi digitali. La più grave minaccia risiede proprio nello spingerci a rileggere il nostro complessivo modo di essere umani alla luce dei modi di essere che ci sono concessi, offerti, imposti dai Social Network.

Converrà ricordare il perverso disegno politico che si nasconde dietro concetti come Infosfera e OnLife. Noi non viviamo nell'Infosfera. Perché i frutti del nostro pensiero, le nostre conoscenze -come ci ricordano i verbi latini- sono qualcosa di enormemente più ricco delle mere 'informazioni'. E perché la nostra appartenenza alla natura, e alla storia e alla cultura non vengono meno con l'avvento dell'Era Digitale. Dobbiamo saper guardare a come in ogni proposta di passaggio al digitale siano implicite riduzioni della vita materiale e spirituale, di ciò che è più nobile nell'essere umano. Le tecnologie nel campo della manifattura, l'automazione, la robotica tolgono all'uomo il vitale lavoro. Le cosiddette smart city sono luoghi dove ogni angolo di strada è sorvegliato. La digitalizzazione della medicina trasforma la cura, che è preoccupazione, attenzione per se stessi e per gli altri, in esecuzione di protocolli affidati a macchine. L'enfatica celebrazione dei dati significa espropriare agli esseri umani conoscenze per poi riproporle filtrate attraverso lo sguardo della tecnocrazia.
La nuova proposta di una vita digitale è minacciosa, perché l'imitazione del mondo che viene proposto a noi come luogo dove vivere non si appoggia su gandi visioni, sulla grandezza e sulla nobiltà umana: è frutto invece -da Turing a Yudkowsky- di progetti nati dall'insicurezza, dal dolore, dal bisogno di fuggire, dal rifiuto del vitale equilibrio tra maschile e femminile. Frutto di allontanamento dall'essere umani.
La nostra vita, per nostra fortuna, già ben entrati nel Nuovo Millennio, in scarsissima misura si esplica sul terreno digitale. Camminiamo per terra, ci muoviamo nei prati e nei boschi, nuotiamo nel mare. Ci alimentiamo di cibo e curiamo la nostra salute e abbiamo rapporti affettivi e sessuali fuori dalla sfera digitale. Questo è essere umani. Vi aggiungeremo volentieri qualcosa, se potremo. Tramite l'uso di sempre nuovi strumenti, come del resto l'essere umano ha sempre fatto nel corso della storia, potremo migliorare la nostra vita. Sempre ricordando che la dote che ci caratterizza è la saggezza, non la sola ragione. La sola ragione taglia via, pretende di far apparire semplice ciò che è complesso, sostituisce la vita con imitazioni. La saggezza è coltivare il piacere, il gusto della vita, l'armonia e l'appartenenza.
I tecnocrati e i tecnici e gli scienziati ritengono di essere più vicini alla ragione dei comuni cittadini: è vero, ma questo è un loro limite, non un pregio. Se la ragione è un'esclusiva dei tecnici, la saggezza è una dote di ogni essere umano. E' la saggezza che ci porta a dire: intuisco e sento che qualcosa che mi è giustamente caro viene violato. Che può dirci come muoverci sulla soglia che abbiamo di fronte: scegliere se restare noi stessi o preferire una macchina a noi stessi.

Cosa possiamo fare. Non dovremo preoccuparci di disporre dell'ultima versione o dell'ultimo aggiornamento. Sappiamo anzi per esperienza che dal personale punto di vista di ognuno di noi, ogni nuova versione farà rimpiangere la precedente. Non dovremo preoccuparci di quale sia l'uso esatto previsto per ogni macchina, ogni programma; per quanto possibile la risposta umana dovrà essere: non mi lascio guidare. La uso come strumento per essere più pienamente me stesso, per portare avanti miei progetti, mie azioni. Perché, abbagliati da novità vuote di senso, viziati da inutili automatismi, distratti da notifiche, ci siamo dimenticati quanto la macchina ci sia utile. Così, tornati a considerare la macchina un mero strumento, possiamo tornare a vedere con chiarezza i grandi vantaggi che ci porta.

Mi limito a qualche esempio tratto dalla mia esperienza personale. Del resto, ognuno di noi dovrà imparare da sé a usare la macchina come gli serve.
Se ci troviamo in un incontro, in una riunione, non ci sarà bisogno di spengere lo strumento. Possiamo evitare di lasciarci distrarre da ciò che ci propone; scegliere di restare concentrati e seguire lo sviluppo dell'azione collettiva a cui stiamo partecipando, godendo pienamente della relazione con i presenti. Lo strumento ci permetterà al contempo di accedere a fonti -documenti, dizionari, enciclopedie- che allargano e approfondiscono le conoscenze che si vanno sviluppando, la comprensione del qui ed ora.
Se ci troviamo da soli a lavorare, possiamo continuare ad usare documenti e libri cartacei, avendo però a disposizione nello stesso momento altri testi che non abbiamo sul nostro tavolo. L'uso di un testo digitale comporta non trascurabili vantaggi: possiamo, per esempio, cercare all'interno del testo il ricorrere di una parola.

Esistono strumenti di base che, ad di là di inutili fronzoli, migliorano veramente il nostro lavoro, e la qualità del prodotto: programmi di scrittura, fogli elettronici.I programmi per scrivere incrementano in modo significativo la gamma di scelte in mano a chi scrive. Permettono di entrare nella struttura del testo. Liberano chi scrive dal vincolo delle scrittura sequenziale: lettera dopo lettera, parola dopo parola, riga dopo riga. Si può ora saltare da una parte all'altra del testo, manipolarlo plasticamente per approssimazioni successive al testo che abbiamo in mente. Forse ci facciamo poco caso, ma la letteratura è cambiata da quando i romanzi sono scritti tramite un programma di scrittura.

Esistono altri strumenti che allargano la nostra comprensione. La posta elettronica resta uno strumento di enorme valore. Non solo ha avuto lo storico ruolo di essere il primo strumento digitale ad aprire possibilità di relazioni tra persona e persona. Ma conserva grandi vantaggi sulle diverse ondate di strumenti di messaggistica che si sono succeduti. Si appoggia su un codice non proprietario, trasparente. Permette di conservare con facilità i messaggi e di tornare ad accedervi. La libertà del formato permette scelte personali nel modo di scrivere, e nel modo di interagire con gli interlocutori. L'Era Digitale, nata da idee libertarie, proponeva inizialmente una relazione da pari a pari, senza mediazioni autoritarie. La posta elettronica ci mantiene aperta ancora oggi questa situazione. Non solo leggiamo libri, possiamo scrivere all'autore ed attenderci risposta.

Programmi per tradurre ci permettono di avvicinarci a testi scritti in una qualsiasi lingua. In lingue che non conosciamo. Si sa che la qualità delle traduzioni migliorano via via, ma attraverso una appropriazione indebita, perché la casa produttrice del software utilizza il nostro lavoro non pagato: ogni nostra traduzione permette alla macchina di migliorare la qualità del suo lavoro. Si sa anche che il software che presiede alla traduzione potrebbe essere strumento di censura: potrebbe eliminare parti del testo o renderlo in modi corrispondenti a qualche autorità. Ma possiamo accettare questi limiti, essendone consapevoli. I programmi di traduzione ci aprono la porta di mondi altrimenti inaccessibili. Chi conosce bene quella lingua straniera potrà notare limiti nel programma. Ma qui la differenza è tra trovarsi di fronte a una porta chiusa, o avere invece la possibilità di avventurarci, di tentare di comprendere. Del resto, ogni traduzione è un tentativo di interpretare, comprendere. I testi classici possiamo trovarli facilmente già tradotti nella nostra lingua. Ma anche qui il programma di traduzione permette un salto dei qualità e di responsabilità. Un conto è affidarsi al traduttore, un conto è avventurarsi da soli a leggere in lingua originale Kant o Heidegger. Il traduttore-essere umano, nel tradurre, ha messo in campo la sua conoscenza di entrambe le lingue, la sua dottrina, ma anche i suoi pregiudizi.

Infine, il search engine, motore di ricerca. E' il più evidente esempio di strumento in grado di potenziare il lavoro intellettuale dell'essere umano. Nonostante il suo progressivo adattamento a scopi commerciali -come abbiamo visto descrivendo la Prima Legge- resta la più efficace macchina per pensare, il miglior esempio di efficace accompagnamento offerto all'intelligenza umana. Quel personalissimo lavoro mentale che abbiamo avvicinato ricordando il senso di alcuni verbi latini, è grandemente incrementato, sostenuto dall'uso del motore di ricerca. E' un cono di luce che ci permette di scoprire l'ignoto, di stabilire connessioni. Mettendo alla prova la nostra capacità di scegliere, criticare, valutare. Non a caso scriveva Vannevar Bush: come potremmo pensare. Come potrebbe pensare, come può pensare ogni essere umano che nell'Era Digitale non vuol rinunciare alla propria saggezza. Il primo passo è essere lettori critici, capaci di scegliere e giudicare.
Per questo è importante il motore di ricerca: lo strumento tramite il quale ogni cittadino può navigare in quella galassia di conoscenze che è il Web.
Inevitabilmente, è un mare ricco di insidie. Ma la pretesa di individuare, smascherare con certezza e magari sanzionare le cosiddette fake news è vana e pericolosa. Si torna per questa via affidarsi ad una autorità umana -ecco subito apparire un'altra delle nuove professioni tipiche dell'Era Digitale: fact checker, debunker- o a un qualche algoritmo, o intelligenza artificiale. Dietro l'autorità umana o digitale, sta una Legge. Che ci conviene trasgredire. Per cercare di persona, con l'aiuto del motore di ricerca, un'approssimazione alla conoscenza. Ricordiamo che il latino veritas traduce il greco alétheia: scoprire ciò che è nascosto, cogliere ciò che si nasconde dietro l'apparenza.

Kant aveva ben spiegato che l'Illuminismo è, per ogni essere umano, l'età dell'uscita dallo stato di minorità. Poi però, timoroso del disordine sociale, finiva per affidare i cittadini a Guardiani e celebrare il ruolo del Sovrano Illuminato. (1)
1(1) L'Era Digitale è il culmine del tempo immaginato da Kant. Gli scienziati sembrano condividere lo scetticismo di Kant. Ma forse vogliono solo difendere il proprio ruolo di Esperti aristocraticamente distinti dai restanti esseri umani. La scienza ha finito per diventare schiava della tecnica. La tecnica si è trasformata in tecnocrazia. L'Intelligenza Artificiale è divenuta strumento di dominio. E' il modo attraverso il quale viene tolto dalle mani degli esseri umani il volante. E forse è anche l'annuncio di un futuro dove potrebbe non esserci più spazio per gli esseri umani.
Dunque l'enfasi posta sull'imminente avvento di Intelligenze Artificiali di un tipo o di un altro è, in fondo, una narrazione tesa ad annichilire gli esseri umani. Ci conviene sperare in noi stessi. Le speranze degli esseri umani non si nutrono di ragione. Si alimentano con narrazioni.

(1)  Immanuel Kant, "Beantwortung der Frage: Was ist Aufklärung?", Berlinische Monatsschrift, Dicembre 1784, pp. 481-494.

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