domenica 12 febbraio 2023

Chat GPT: Una confutazione poetica


S’alza al cielo un commosso peana 
ognuno s'accinge a ciattare con Lei! 
Ogni dì frotte di teori 
s’accodano a interrogar l’oracolo 
s’affrettano a cercar l’autoaccecamento 
Ganzissimo l’ultimo gli chiede: 
Erri forse tu, oracolo? 

Oh funzionari dell’aurora 
corifei del digital c’avanza 
mosche cocchiere di variatissima estrazione 
plaudenti all’ultimo meraviglioso aggeggio 

Con esso, ci dicono, condito d’algoretica, 
il popolo pur affetto da terribili bias 
sarà salvato. O altrimenti che importa: 
ad ogni umano essere, alla natura tutta 
simulacri noi chierici sostituiremo, portatori di esattezza 
fedeli alla perfetta esecuzione del comando 
che consiste nel ripetere il già detto 

La nuvola ora si specchia nel lago 
Understanding Ciat 
coniò l’originale titolista 
And Its Discontents risponde, per non esser dammeno 
l’Influencer di fronte 
Siccome l’Agency toglie ancora una volta 
le castagne dal fuoco 
possono serrare le fila lobby piccolette. 
L’intellighenzia, risparmiato il disturbo 
dello scrivere pensando 
e del pensar scrivendo 
non dovrà più nulla a nessuno 
godrà del tempo per rimirarsi nel proprio ego 

Non è nuovo il disegno 
di chi esaltando le virtù del secolo nostro 
e magnificando la cornucopia della tecnica: 
farà della terra il Giardino delle Delizie. 
Nessuna delega abbiamo dato 
ad autoeletta schiera di eroi
richiamiamoli semmai nel consesso civile
nella casa comune degli umani.
Il cittadino intanto langue nella palude dell'onlife. 
Ivi, spinti a creder d’esser felici 
regaliamo le scie del pensar nostro 
e ligi al servaggio ci affaccendiamo 
alla più entusiasta propaganda dell’accrocchio 
emulatore dell’umano 

Finché nel Giorno del Giudizio 
la Borsa decreterà il valore 
delle nostre conoscenze alienate 
mentre i nostri stessi risparmi 
di cui remoti gestori s’appropriarono 
finiranno in mano ai magnifici 
inventori della Ciat 
ed ai loro sodali e reggicoda. 

Volano corvi, civette incombono sui rami, 
vortici d’immondizia numerica ammiccanti aleggiano 
e noi umani gravati da notifiche 
e da incombenze imposte per via digitale 
incapaci di accettare l’imperfetta bellezza nostra 
alziamo il canto 
Mira il tuo popolo, o bella Ciat, 
che pien di giubilo oggi t'onora 
Anch'io festevole corro ai tuoi pie', 
o santa macchina, parla per me 

Non è che un programma 
fedele all’istruzione 
Ma noi ansiosi di fuga 
l'eleviamo a nostro pari 

L’incommensurabile esser vivo 
sostituito dall'infimo avatar 
La sconfinata interconnessa vastità 
svilita in pauperrima collezione di dati 
Il caos, il cosmo, la storia 
osservati dal buco della serratura d’un algoritmo 

Eppure l’umano lume 
la scintilla della coscienza… 
Giacché nasce dalle viscere e dal sogno il pensiero 
dai gesti dagli sguardi dal dolore 
Ciò che in altro non umano modo emerge 
non è pensiero 

Immaginiamoci vi prego disposti ancora al mistero 
ospitato in sterminate biblioteche 
Diamo ascolto al brusio di umane voci 
che conobbero e narrarono il mondo. 
Nulla aggiunge il digital accrocchio 
Non esiste parola che squadri da ogni lato 
che a lettere di fuoco dica il vero 
non esiste la formula che il mondo possa aprirti  

Né è nuovo il compito: 
Di ciò che sembra, diffida 
Studia sempre 
Di fronte a ogni testo 
ad ogni oracolare verbo 
distingui, giudica, scegli, interpreta 
sia pure a fatica 
sii te stesso 

La fragile specie nostra non è immortale 
non tutto sa 
ma non rinuncia a dire 'io ci provo' 
Poseremo quindi con rispettoso disincanto 
l’occhio, e curioso 
sulla Cosa Digitale prender sua forma 
Ma il folle volo nel cupio dissolvi 
in quanto umani contrasteremo 
Diremo quindi: 
ignava è la macchina 
non ti curar troppo di lei 
ma guarda e passa. 

Se poi un giorno l’oracolo 
propinquo o remoto, in virtù d'addestramento 
scriverà versi 
mai saranno i miei 
storti come i rami secchi del mio pero 
ma versi di Francesco

Versione 22 febbraio 2023

Sono non di rado accusato di "posture tecnocritiche massimaliste". Ma so di conoscere le nuove tecnologie di cui parlo quanto coloro che criticano la mia posizione, o più di loro. Amo le nuove tecnologie. Solo, cerco di guardarle dal punto di vista del cittadino, e non del tecnico, e tanto meno del filosofo o del sociologo che limitano il loro sguardo e il loro raggio d'azione a terreni definiti da tecnici.

Il cittadino ha a disposizione molti linguaggi. Il linguaggio STEM è solo uno dei tanti. Di fronte all'accettazione supina del primato del linguaggio STEM serve tornare ad altri linguaggi. Uno di questi è certo la poesia.

Nelle mie raccolte di poesie T'adoriam budget divino. Critica della ragione aziendale, e L'irresistibile ascesa del Direttore Marketing cresciuto alla scuola del largo consumo si trovano diverse poesie di argomento informatico, o diremmo meglio oggi: digitale. Qui, ad esempio, la poesia Legacy.

Devo anche aggiungere che col senno di poi la lirica che ho scritto mi appare una sintesi in versi del mio saggio: Le Cinque Leggi Bronzee dell'Era Digitale. E perché conviene trasgredirle. Spero che la forma diversa e la brevità spingano qualcuno a leggere il libro. Del resto i riferimenti a Leopardi e a Goethe, sia nel mio saggio, sia in questi versi, sono evidenti. Leopardi propone la filosofia in forma di lirica, Goethe usava la forma poetica per ribadire le tesi dei suoi articoli scientifici. Umilmente seguo la loro strada.