sabato 2 febbraio 2013

L'Unheimlich di Freud, il progetto logicista, il Web

All'inizio del Ventesimo Secolo, con Frege e con Russell, si afferma progetto logicista: una 'lingua per le idee', priva di contraddizioni, inequivocabile. Ciò che non può detto in modo inequivoco, deve essere ignorato. In quegli stessi anni Freud porta avanti un progetto opposto: la conoscenza sta nell'informe materia di cui i sogni sono traccia.
Mentre Freud ci invita ad accettare le nostre tenebre, ed il nostro stesso essere stranieri a noi stessi, in quegli stessi anni filosofi e matematici -Frege, Russell, Hilbert- tentano di definire linguaggi capaci di rendere esplicita ogni oscurità, linguaggi capaci di descrivere senza ambiguità ogni cosa.
Frege e Russel preparano l'avvento dell'informatica figlia della matematica: modelli formali, assiomatici, gerarchici, deduttivi. Data bases che pretendono di contenere solo 'verità, e che scartano la conoscenza che non può essere esattamente classificata. Freud, all'opposto, ci parla di quella fonte di conoscenza sovrabbondante, disordinata e anche tenebrosa, ma ricchissima: il World Wide Web.
A Vienna, nel 1919, nei giorni dell’inizio della fine -la prima Guerra Mondiale è appena terminata, il millenario Impero si è sbriciolato- Sigmung Freud, riprendendo in mano un più vasto saggio che aveva da anni nel cassetto, scrive a proposito dell’Unheimliche.1
Poco ci importa che i traduttori italiani abbiano ormai canonizzato una traduzione: perturbanteQuesta espressione rende ben poco del tedesco. Unheimlich, nota Freud, è evidentemente l’antitesi di Heimlich, da heim, ‘casa’, e di Heimisch, ‘patrio’, ‘nativo’, e quindi: ‘familiare’, ‘abituale’. E’ ovvio quindi dedurre che “se qualcosa suscita spavento è proprio perché non è noto e familiare”. E dunque ecco l’inquietante, sinistro, lugubre, sospetto, spaventoso, tenebroso, straniero, estraneo, fonte di disagio, di cattivo augurio. Uncanny, unconfortable, gloomy, ghastly. L’inquiétante étrangeté. Lo ominoso.
Freud nota che ciò che per uno è Heimlich per l’altro è Unheimlich. Così come, possiamo ricordare, seguendo la lezione di Marcel Mauss, il gift è allo stesso tempo dono e veleno: ognuno teme ciò che non gli è familiare, cioè che risulta ignoto e straniero. Ma non basta questo ad avvicinare il mistero dell’Unheimlich. Per coglierlo, ci dice Freud, dobbiamo seguire Schelling. “Unheimlich, dice Schelling, è tutto ciò che avrebbe dovuto restare segreto, nascosto, ed invece è affiorato”.
Ecco dunque che nel Dizionario Tedesco di Jakob e Wilhelm Grimm2 alla voce Heimlich troviamo, accanto al senso di ‘familiare’, ‘domestico’, ‘natale’: “Heimlich in quanto alla conoscenza”: in questo senso, ci dicono i fratelli Grimm, Heimlich traduce il latino mysticus, divinus, occultus, figuratus. Sicché, commentano i fratelli Grimm, “Heimlich assume il significato proprio di Unheimlich, come mostra una frase del drammaturgo Friedrich Maximilian Klinger: ‘a volte mi sento un uomo che vaga nella notte e crede negli spettri; per lui ogni angolo è sinistro (Heimlich) e dà i brividi’”.
Anche a casa nostra, anche nella nostra città, nella nostra patria, nel mondo caldo e familiare dove dovremmo essere protetti da ogni pericolo esterno viviamo nel sospetto e nel timore, viviamo nel timore.
Freud, si sa, vuole parlarci dell’inconscio, ma nel farlo ci sta parlando di conoscenza.
L’ Heimlich-Unheimlich “in quanto conoscenza”: una conoscenza che ci è familiare, che ci rassicura e ci offre conferme. E che e al contempo ci è estranea, provoca spavento, contiene qualcosa di inquietante e sinistro che preferiremmo tenere lontano da noi.
E' così che ci affacciamo sul World Wide Web. Viviamo lo spaesamento, l'inquietudine, ci troviamo di fronte all'Unheimlich. Qualcosa di familiare e allo stesso perturbante, per l'assenza di confini, di ordine e di regole. Ma proprio in questo sta la ricchezza del Web: la ricchezza con la quale dobbiamo imparare a convivere.

1Sigmund Freud, “Das Unheimliche”, Imago, Band V, Wien, 1919; trad. it. Leonardo e altri scritti, Saggi sull’arte, la letteratura e il linguaggio, I, Boringhieri, Torino, 1969, pp. 267-307.
2Jakob e Wilhelm Grimm, Deutsches Wortërbuch, Hirzel, Leipzig, 1877.