giovedì 30 novembre 2023

Marcel Mauss, 'Le tecniche del corpo', 1934. Un testo chiave che ogni tecnologo dovrebbe leggere

Si dice che è inevitabile ed opportuno affidarci ai tecnici ed alla tecnica. 
Sappiamo di cosa stiamo parlando? Quanti testi inutili leggiamo? Quante volte leggiamo testi di seconda mano, che citano interpretando malamente o capziosamente? 
Con quale cognizion di causa i tecnici progettano? Invece di leggere testi scritti nei recenti tempi digitali, torniamo a leggere testi che illuminano la scena digitale. 
Ecco un testo chiave: Marcel Mauss, Le tecniche del corpo, 1934. 


Erroneamente crediamo che ci sia tecnica solo dove c'è strumento o macchina. Per capire la tecnica dobbiamo partire invece dal modo con cui usiamo il nostro corpo. Il corpo è il primo strumento dell'uomo, o meglio: il primo oggetto tecnico. 
Mauss mostra che noi umani conosciamo ed usiamo tecniche pur senza saperle descrivere formalmente. (Michael Polanyi non fa che ripeterlo). Mauss ci ricorda anche che tecniche universali imposte ad ogni cultura umana sono una forzatura. E ci fa riflettere su come tecniche siano imposte oggi in virtù di pura irrispettosa autorità, distruttrice di culture e differenze. 
Si può quindi supporre se non fosse per questa autorità, ammantata di propaganda, butteremmo magari a mare molte delle tecniche digitali che ci vengono proposte. 
Mauss, ancora, ci spinge a pensare che trasformarsi in cyborg non basti: se non sappiamo usare il nostro corpo, non sapremo usare nemmeno parti macchiniche aggiunte a noi stessi. 
Ma non contentatevi di questo riassunto, leggete queste venti pagine. Aiutano a pensare. Le trovate qui nell'originale francese e qui in italiano.

martedì 28 novembre 2023

Dialogare con Luigi Einaudi grazie all'Intelligenza Artificiale. Meglio dire: Intelligenza Artificiale come postmoderno mezzo per coltivare la pubblica ignoranza.

Assurda e privo di senso iniziativa di Reply, Fondazione Luigi Einaudi, Fondazione Compagnia di San Paolo



"Come abbiamo trasformato l’eredità culturale di Luigi Einaudi economista in un’esperienza interattiva e accessibile a tutti grazie all’intelligenza artificiale", si legge sul sito di Reply. Accessibile a tutti: è forse l'AI la via unica o privilegiata per accedere alla conoscenza?
Rinnovamento della didattica? Ma no! Intelligenza Artificiale come postmoderno mezzo per coltivare la pubblica ignoranza. 
Un pensatore senza vincoli costretto nelle forche caudine costruite da tecnici interessati solo all'apparenza virtuale. 
Basta leggere le 'regole d'uso', riprese nell'immagine.
Solo questo potete chiedere! Seguite queste regole! I cittadini alla cui attiva autonomia Einaudi ha dedicato tante pagine ridotti a passivi utenti. Un velo autoritario è imposto alla conoscenza del pensiero di Einaudi, che parla in ogni pagina di libertà, trattando dei più diversi argomenti. Sanno davvero qualcosa i promotori dell'iniziativa della vastità dell'opera e dell'ampiezza del pensiero di Einaudi? Vogliono coltivarne la memoria o ridurrre la sua immagine a merce? Meglio stampare copie dei suoi libri e regalarle a scuole e studenti. E se si vuole mostrare competenza digitale, meglio offrire sul web una edizione critica delle opere, codifica TEI rigorosa, tag apposti da storici ed economisti per accompagnare, senza suggerire troppo, nella libera ricerca.

giovedì 23 novembre 2023

Le ragioni di Epimeteo. Traccia dell'intervento di Francesco Varanini nella tavola rotonda tavola rotonda ‘Da Prometeo a Pandora? Tecnologie, modelli di società e opportuni controlli’, Digital Ethics Forum, organizzato da Sloweb, Torino, 22 novembre 2023

 Come spesso capita, una tavola rotonda si sviluppa in modo tali da spingere o costringere a sviluppare il proprio intervento lungo una via in parte diversa da quanto prima previsto. Così è accaduto il 22 novembre 2023 a Torino nel corso della tavola rotonda ‘Da Prometeo a Pandora? Tecnologie, modelli di società e opportuni controlli’, con Cosimo AccotoPaolo GerbaudoMichela MeoDunia Astrologo, nell’ambito del DEF Digital Ethics Forum 2023, organizzato da Sloweb,

Riporto qui la traccia del percorso di senso mi ero preparato a sviluppare. Nel corso dell'incontro non ho avuto tempo per sviluppare adeguatamente i punti sei e sette. Ho potuto esplicitare il punto otto nell'intervento che ha chiuso la tavola rotonda.

Uno
Amo gli strumenti digitali, ho lavorato a progettare strumenti e sistemi, nel 2000
ho progettato e diretto il primo Master in Italia dedicato a eBusiness
(Ma per fortuna non mi sono occupato solo di questo)
Mi sono entusiasmato e ho visto la bellezza
Ma non possiamo prendere tutto per oro colato
Così oggi mi trovo a dire:
Siamo esseri umani
Ci vergogniamo forse di esserlo?

Due
Veniamo da lontano e costruiamo il futuro
Abitiamo la natura
Costruiamo la cultura
Un conto è la tecnica, un conto è la tecnologia
Nessun modello digitale, nessuna rappresentazione computazionale può descrivere la complessità dei sistemi viventi.
Oggi ci viene offerta una proposta pericolosa
abitare un sostituto del mondo costruito da tecnologi che si collocano fuori dal mondo
Fidarci di macchine i progettisti delle quali di vantano di aver insegnato loro ad autosupervisionarsi durante il loro apprendimento

Tre
Rifiuto la proposta di amici che invitano ad accettare ogni nuova tecnologia come utile provocazione intellettuale, o forse anche materiale
Sento addirittura parlare di nuova domesticazione
Perché mai?
Non sento nessuno dire questo no

Quattro
La storia umana dal passato al futuro è nostra maestra
manteniamo aperto lo sguardo
Perciò benvenuti i miti che accompagnano gli esseri umani lungo la loro storia
Li abbiamo forgiati noi stessi per ammonirci, per leggere saggiamente il presente che ci troviamo a vivere

Cinque
Prometeo aveva un fratello
Epimeteo

Sei
Sostenibilità digitale
sembra che il digitale sia esentato dagli obblighi di sostenibilità
Questo accade perché abbiamo paura di non essere all'altezza
Vogliamo quindi immaginare che il digitale ci salvi
garantendo al posto nostro la sostenibilità
Affidarsi a una intelligenza artificiale!

Sette
Assumiamoci invece la responsabilità
Sostenibilità digitale primo passo verso sostenibilità
perché digitale inquina e danneggia
e perché cosí ci togliamo l'alibi

Otto
Quattro atteggiamenti epimeteici:
Non rinviare nel tempo
Non dire se ne deve occupare qualcun altro
Non nascondere il male dietro al bene
Restare disposti alla conversione

venerdì 17 novembre 2023

Perché i non giovani capiscono la cultura digitale meglio dei giovani

Si parla frequentemente di come il mondo in cui viviamo non sia un mondo per vecchi.

Eppure dovremmo invece ricordare che ci sono solidi motivi per sostenere che i non giovani comprendono la cultura digitale meglio dei giovani. Per il semplice motivo che hanno avuto la fortuna di vivere in un mondo di calde relazioni interpersonali. Hanno avuto la fortuna di vivere una prima infanzia riscaldata dalla cura, dai gesti, dalla voce di una madre; confortati da volti familiari e da scambi basati sugli sguardi, sulla voce, sulla lingua materna che diviene veicolo espressivo della persona che cresce.

Di tutto questo i nativi digitali sono stati invece privati, in una misura che sembra crescente generazione dopo generazione, di questa educazione, della socializzazione primaria. Perché hanno avuto in mano fin dalla prima infanzia macchine digitali che notificano comportamenti attesi e rilasciano feedback. Macchine sempre più autonome, impermeabili ai progetti e ai desideri della persona. Sostituti delle figure parentali e della famiglia. Macchine che preparano fin dall'infanzia ad una percezione di sé stessi e ad una vita di relazioni mediata da macchine.

Il disagio degli adulti di fronte a questo impoverimento della propria identità e della propria inclinazione alla vita sociale non è retrogrado rimpianto del tempo che fu. Il disagio è invece il sano frutto del ricordo, scolpito nella memoria personale, di cosa siano l'educazione e la vita di relazioni. E il disagio, allo stesso tempo, è il frutto della consapevolezza di una intromissione, di una pericolosa presenza estranea: un qualche aggeggio digitale dotato dotato di una propria autonomia, portatore di un progetto di cui nulla sappiamo, si interpone in ogni manifestazione dell'essere umano, in ogni relazione tra esseri umani.

C'è quindi una responsabilità sulle spalle dei genitori: non concedere, per quanto possibile, spazio eccessivo agli strumenti digitali nell'infanzia dei figli. Poi viene il ruolo della scuola. E poi ancora il ruolo della formazione aziendale. Più che la diffusione di un 'digital mindset', una educazione civica digitale.

martedì 7 novembre 2023

Dieci impegni per la sostenibilità digitale

Questa proposta appare come conclusione dell'articolo La libertà di non essere digitali, apparso su Futura Network, blog di ASviS, 7 novembre 2023. Ne parlo qui su questo mio sito.  Auspico possa venire rielaborato e diffuso attraverso un processo di riflessione condiviso con le persone e le organizzazioni che operano per dare concretezza ai principi e gli Obiettivi dell’Agenda 2030, a partire da Assoetica e dalla comunità dell’ASviS e da chi altri sia interessato.

Se scegliamo di non affidarci ciecamente alla macchina, se rifiutiamo questa via di fuga, se vogliamo rimboccarci le maniche e affrontare i problemi che mettono in dubbio il nostro futuro, allora il nostro impegno si concretizza innanzitutto nell'evitare che le macchine digitali limitino il nostro sguardo e la nostra capacità di azione.

Il primo passo verso lo sviluppo sostenibile è quello di costruire uno sviluppo digitale sostenibile. Se il valore dell’aggettivo qualificativo “sostenibile” deve dare una qualità intrinseca al significato di “sviluppo” è necessario valutare come contenere lo spazio e il potere occupato dal mondo digitale nella vita umana. Occorre una riflessione, politica e culturale, estesa e partecipata, che non coinvolga solo gli “esperti” ma i cittadini, le “persone comuni”, anche quelle preoccupate o spaventate dal dominio della vita phygital. Perché gli esperti dovrebbero riconoscere di essere, prima di tutto, dei cittadini. Con l’intenzione di contribuire a queste riflessioni propongo al pubblico di Futura Network e all’ASviS di partecipare a una riflessione condivisa sull’argomento, per contribuire a dare concretezza e mettere in pratica la cultura della sostenibilità, attraverso la proposta di assumere “Dieci impegni per la sostenibilità digitale”*.

1) Impegniamoci ad applicare all'industria elettronica e digitale gli stessi criteri applicati alle altre industrie.

Non danneggiare l'ambiente attraverso l'eccessivo consumo di energia e l'uso di materie prime non rinnovabili e non compromettere il futuro con politiche miopi legate al breve periodo: sono obiettivi universalmente accettati. Le politiche sono efficaci solo se la loro applicazione è universale. Esentare un settore industriale da politiche orientate alla sostenibilità, o lasciare la scelta e l'attuazione di tali politiche all'autoregolazione di chi guida il settore stesso, significa compromettere il complessivo orientamento alla sostenibilità.

2) Impegniamoci a tutelare il diritto alla disconnessione: affinché le comunicazioni per via digitale non siano una condizione inevitabile nelle relazioni tra umani.

Viviamo - si dice - nell'onlife, in un'infosfera, eternamente connessi. Sembra quasi esserci il gusto di trovare nuove parole per nascondere la gravità della situazione. Per molti osservatori si tratta di una condizione ormai irreversibile. Ma le politiche orientate alla sostenibilità cercano proprio questo: l'inversione di trend pericolosi.

Parlare, stare insieme, convivere senza che per farlo sia necessario usare strumenti digitali, senza che ogni nostra parola ed ogni nostro gesto e parola sia mediato, osservato e registrato: si tratta di diritti che dobbiamo considerare inalienabili.

Dobbiamo garantire a noi stessi ed ai nostri posteri il diritto alla disconnessione.

3) Impegniamoci ad evitare che siano imposti a noi umani mondi già costruiti.

Apparteniamo alla natura, ma contribuiamo a costruirla con il nostro agire quotidiano. Il mondo fisico è co-costruito dagli esseri umani che vi vivono. I mondi digitali sono invece offerti, o imposti, come già totalmente costruiti. Nei mondi digitali il cittadino è ridotto ad essere un utente, senza la possibilità e gli strumenti per progettarli e gestirli. Ogni essere umano deve poter modificare - e quindi poter curare, proteggere, “fare proprio” - l'ambiente nel quale si trova a vivere, e del quale fa parte, anche quello digitale. Dobbiamo immaginare uno sviluppo digitale dove la stessa azione responsabile di ogni cittadino sia possibile.

4) Impegniamoci a lasciare aperta la possibilità di scegliere quali servizi digitali usare e quali non usare.

Gli spazi di libertà nel mondo digitale sono via via sempre più ridotti alla scelta tra servizi preconfezionati. Ma tali servizi non sono solo offerti: sono sottilmente imposti, per via di consigli capziosi, notifiche sottilmente invitanti, ma anche tramite contratti opachi e norme di legge che guardano più all'interesse del fornitore che all'interesse del cittadino. Un insieme di strategie di marketing che nascono bel prima dell'avvento degli strumenti digitali ma sono esponenzialmente potenziate dagli strumenti digitali stesso. Occorre lasciare alle persone la libertà di formulare di volta in volta scelte consapevoli.

5) Impegniamoci a garantire che tramite macchine non siano compressi gli spazi di libertà e non sia imposto agli umani l'obbligo di compiere azioni predeterminate.

La libertà è spazio per sperimentare, tentare, creare, apprendere. Il contesto digitale offre alla politica strumenti di governo che riducono la portata dei diritti civili. Tramite mezzi digitali, magari con la giustificazione di una superiore conoscenza di ciò è “bene” per ogni singolo cittadino, si impongono gravi limitazioni al libero arbitrio. Conseguente al punto precedente, che riguarda in particolare i comportamenti d'acquisto, questo impegno si allarga alla vasta scena della democrazia liberale e dei meccanismi del controllo sociale.

Se alla fiducia nelle scelte individuali si sostituisce il paternalismo, viene meno la partecipazione civica necessaria ad ogni progetto orientato ad obiettivi di sostenibilità. Dobbiamo cercare uno sviluppo digitale rivolto alla difesa e all'ampliamento degli spazi di libertà di ogni cittadino.

6) Impegniamoci a non guardare e a non giudicare l'essere umano attraverso il suo "gemello digitale".

La natura vista allo specchio non è la natura. La mappa non è il territorio. I dati non sono mai tutti i dati, e non sono mai abbastanza per poter restituire una visione completa. Eppure si è affermata l'idea che ogni oggetto e accadimento del mondo, ogni aspetto della natura e quindi ogni essere umano possano essere conosciuti e compresi attraverso la sua immagine digitale.

Tramite gli strumenti che abbiamo costantemente in mano e addosso, tramite i sensori e i sistemi di rilevazione di vario tipo diffusi in ogni ambiente, si raccolgono dati su ogni essere umano. E’ opinione diffusa che noi siamo quello che appariamo attraverso questi dati, noi siamo i nostri ‘gemelli digitali’. Siamo arrivati a ritenere giusto adeguarsi alla rappresentazione di noi determinata dai dati. Sappiamo che la natura (e l’essere umano) è qualcosa di più, di differente, da ciò che i dati più completi e precisi possano attestare. Le persone però non hanno nessun controllo sul modo in cui viene costruito questo ‘gemello digitale’. L'antichissimo monito rivolto all'essere umano: 'conosci te stesso' viene così messo in discussione. Dobbiamo immaginare strumenti che mettano nelle mani delle persone la costruzione della propria immagine digitale.

7) Impegniamoci a non separare la mente dal corpo e a rispettare l'integrità de corpo umano.

L'intero progetto digitale è frutto di un approccio cartesiano che considera una sola parte del complessivo essere umano: le sue capacità intellettive. Il corpo è considerato una mera estensione. La computer science si concentra - tentando di imitarne il funzionamento – soprattutto su sola parte del corpo umano: il cervello. In virtù del parallelismo tra umani e macchine proposto da Turing, però, si finisce per confrontare le Intelligenze Artificiali con l’essere umano per intero, del quale si propongono banali sostituzioni con avatar o immagini tridimensionali.

Ricordiamo che l'essere umano non si riduce alla sua mente. La mente è incarnata, inconcepibile senza corpo. Le capacità intellettive sono frutto di lavoro ed esperienza che coinvolgono il corpo nella sua interezza. Protesi e tecnologie biomediche che sostituiscono organi malati sono benvenute ma dobbiamo fare attenzione al loro uso in nome del “potenziamento”, valutare la sostenibilità delle soglie che si aprono ai confini della contaminazione tra corpo e dispositivi. Abbiamo il diritto di non veder reso inutile il nostro corpo da protesi e strumenti digitali.

8) Impegniamoci a mantenere vivo il diritto al lavoro. 

Riflettiamo sulle definizioni riduttive del concetto di lavoro. Il lavoro non è solo fatica e pena dalle quali conviene liberarsi. Non esiste confine tra “lavoro manuale” e “lavoro intellettuale”. Il lavoro non è solo fonte di remunerazione; ha piena dignità di lavoro anche una attività svolta gratuitamente. Il lavoro è costruzione di sé stessi e del mondo.

Di fronte alla promessa, o alla minaccia, di una sostituzione per via digitale di ogni tipo di lavoro svolto dagli esseri umani, è necessario non parlare genericamente di “lavoro”. Serve tornare a parlare e considerare esplicitamente il “lavoro umano”, nella sua pienezza: gli aspetti materiali e immateriali sono inscindibili, così come è inscindibile il pensare dall'agire. Dobbiamo evitare che intelligenze artificiali, automazione e robotica tolgano senso e spazio al “lavoro umano”.

9) Impegniamoci a garantire che la presenza di macchine di qualsiasi tipo non costringa gli umani a svalutare sé stessi, all'impoverimento e alla dipendenza.

Costrutti digitali autonomi acquistano sempre nuovo spazio come sostituti dell'essere umano non solo nel lavoro materiale, ma anche nelle più sofisticate attività dove sono in gioco esperienza, capacità di giudizio, rapidità di decisione.

La scelta di chi - un umano o una macchina - debba essere, in situazione critica o in caso di emergenza, il decisore in ultima istanza, non è solo una scelta tecnica: è una scelta culturale ed etica.

Le macchine disporranno, secondo alcuni, non solo di una crescente razionalità, ma anche della capacità di formulare giudizi morali. Dentro ogni algoritmo, dietro l'agire di ogni intelligenza artificiale, si cela l’impostazione di chi le ha progettate e chi le gestisce: grandi imprese dominate da una visione e da interessi - finanziari, politici, sociali, culturali - spesso in contrasto con la ricerca di uno sviluppo realmente sostenibile.

Privato della possibilità di sperimentare sé stesso nella situazione estrema, su terreni sconosciuti, di fronte al nuovo e all'ignoto, l'essere umano impigrisce, perde fiducia in sé stesso, compromette la propria crescita. Forse non è esagerato dire che la sostituzione dell'essere umano con le macchine mette in discussione lo stesso futuro evolutivo della specie umana.

Nel breve termine, l’umanità rischia di perdere anche la capacità di fare le necessarie scelte orientate ad uno sviluppo sostenibile. Saremo così di fronte ad una profezia che si autoavvera: le politiche e le azioni orientate ad uno sviluppo sostenibile saranno affidate alle macchine. Dobbiamo garantire a noi stessi e alle generazioni umane future la possibilità di conoscere, di apprendere, di migliorare.

10) Impegniamoci a garantire a noi stessi e alle future generazioni la possibilità di vivere senza strumenti digitali. La libertà di non essere digitali.

Quest'ultimo impegno sintetizza i precedenti ed offre lo spunto per una riflessione conclusiva.

Vivere senza dover necessariamente ricorrere, in un modo o in un altro, a strumenti digitali appare già oggi impossibile. Difficile immaginare che questo sia possibile domani. I dati ci mostrano quanto sia difficile, realisticamente inimmaginabile, poter raggiungere i 17 Obiettivi dello Sviluppo Sostenibile proposti dall’Agenda 2030 Onu ma non per questo stiamo rinunciando agli Obiettivi o riducendo gli sforzi. Anzi.

Abbiamo motivi per temere un futuro fosco ma sappiamo che questa minaccia non viene solo da lontano, da fuori: la minaccia viene anche da noi stessi, dai nostri personali comportamenti insensati, privi di saggezza. Da questo nasce la responsabilità di cui ogni essere umano è chiamato a farsi carico. Abbiamo una di fuga: attribuire il peso della responsabilità a macchine sempre più autonome da noi. Sta a noi scegliere. Se scegliamo la via della responsabilità è necessario preoccuparci della direzione verso cui sta andando l'industria digitale e interrogarci su come le nostre vite siano condizionate dagli strumenti digitali.