lunedì 15 aprile 2024

L'essere-umani-nel- mondo e la sua sostituzione digitale. Una stringata sintesi dei mio pensiero a proposito di qualche concetto chiave

La Transizione Digitale conteneva una grande promessa: nuovi strumenti per essere più pienamente umani. Si è invece rivelata il punto di svolta di una svalutazione dell’umano. 

Al posto dell’umano essere-nel-mondo vengono proposti, o imposti, riduttivi surrogati digitali. Una cosa è la conoscenza, fondata sulla presenza e sull’osservazione. Ben altra cosa è l’informazione: un insieme di dati. 

I dati consistono in ciò che è stato rilevato da un sensore. I sensori sono povere imitazioni dei sensi dell’essere umano. 

L’esperienza umana, maturata tramite il corpo e il pensiero, è nuova attimo dopo attimo, sempre più aggiornata di ogni dato. 

Il calcolo, che in realtà non raggiunge mai l’esattezza che promette, non è che una delle possibili forme della narrazione.

Il documento è steso per narrare ciò che è accaduto e ciò che sta accadendo. Il modello è una chiave di lettura data a priori, che esclude parti di ciò che lo sguardo umano sa vedere qui ed ora. 

Non c’è motivo di negare valore alla computer science. Essa ha lo scopo di costruire e programmare macchine. Ciò che è criticabile è la sua duplice pretesa - che raggiunge il culmine con la cosiddetta ‘intelligenza artificiale’: - considerare buono ed auspicabile per noi umani ciò che è buono per macchine digitali. - proporre un sostituto digitale per ogni aspetto dell’umano essere-nel-mondo. 


 
Nota
Almeno ogni tanto, bisogna cercare di proporre sintesi stringate come questa. Certo poi si deve sperare che ci leggi non giudichi troppo stretta la sintesi. Prendete queste poche parole come suggestione, ma non  valutate il mio pensiero alla luce di questa sintesi. 
Si tratta di argomenti che tratto in modo disteso nei miei libri: Macchine per pensare. L'informatica come prosecuzione della filosofia con altri mezzi, 2016; Le Cinque Leggi Bronzee dell'Era Digitale. E perché conviene trasgredirle, 2020; Splendori e miserie delle intelligenze artificiali. Alla luce dell’umana esperienza, 2024. 
A proposito in particolare di una informatica o computer science basata sul documento, vi invito a leggere l'articolo Architetture civili.

I pappagalli sono (salvo eccezione) maschi

Non possiamo dimenticare il tweet di Sam Altman, CEO di Open AI, il 4 dicembre 2022, nei giorni del lancio di GPT3: «I am a stochastic parrot, and so r u», Sono un pappagallo stocastico, e anche tu lo sei.

Sarà capitato anche a voi, in quest'ultimo anno di assistere a presentazioni convegni che cantano le meraviglie di GPT. Avrete notato che non manca mai una frase, una slide, che recita: GPT NON E' UN PAPPAGALLO STOCASTICO. 

Tutti costoro si accodano ad Altman. Atto di fede, dichiarazione di appartenenza alla comunità degli addetti ai lavori, difesa del territorio e del mercato di fronte a chi aveva detto che il re è nudo: Emily Bender On the Dangers of Stochastic Parrots, l'articolo di Emily Bender (e di ricercatrici di Google che pagarono caro questo gesto) era uscito nel marzo del 2021, e metteva in luce in anticipo diversi aspetti critici di GPT. Ma sopratutto uno: I PAPPAGALLI SONO PERICOLOSI. 

GPT è un pappagallo, pronuncia parole di cui non conosce minimamente il senso. Dunque per noi umani credere che questi modelli linguistici siano effettivamente intelligenti significa svalutarsi, per corrispondere a ciò che il modello linguistico può fare. Come ho già scritto su questo blog, e come scrivo nel mio libro Splendori e miserie delle intelligenze artificiali. Alla luce dell'umana esperienza, Guerini e Associati, in libreria  nel maggio 2024, l'arrogante chiamata di Altman a negare per principio le critiche, vantandosi di essere pappagalli, è un atteggiamento tipicamente maschile. Di fronte alle promesse mirabolanti della cosiddetta 'intelligenza artificiale generativa', le donne sono più caute e dubbiose. In fin dei conti, loro sanno meglio dei maschi cosa vuol dire veramente 'generare' (ho argomentato in modo più approfondito a questo proposito nel mio libro Le Cinque Leggi Bronzee dell'Era Artificiale. E perché ci conviene trasgredirle, pp. 232-233).