venerdì 29 gennaio 2010

Informazione e Comunicazione come falsa coscienza

Umberto Eco, McLuhan, De Kerckhove, Castells. Tutti rinomati per il loro sguardo contemporaneo, per la loro capacità di cogliere discontinuità nel panorama dei media, per la loro disponibilità a considerare con attenzione le 'nuove tecnologie'.
Ma anche quando ci descrivono l'andare oltre la chiusura del testo, oltre i limiti della stampa, quando ci parlano di soggetti che sono al tempo stesso autori e lettori, quando ci parlano di intelligenze collettive e di lavoro collaborativo, quando osservano il Web, la Rete, restano legati alle idee di comunicazione e di informazione. Cioè a due concetti che non vedono la conoscenza emergente dalla fonte, dalla mente, ma vedono invece un messaggio viaggiante attraverso mass media. Chiave di lettura del mondo 'idealistica': la conoscenza, così intesa, è ciò che l'osservatore autorevole, ciò che l'interprete legittimato -a partire da regole che si pretendono 'oggettive'- battezza come non-rumore, non-ridondanza.
In questa ottica, la conoscenza esiste se, e solo se il bruto segnale che viaggia lungo il canale -l'informazione secondo Shannon- è ritenuto significativo dall'interprete, dal Gatekeeper.
E la comunicazione non si discosta da ciò che intendeva il latino ecclesiastico, a partire da Sant'Agostino: altari communicare, 'rendere comune', 'far conoscere', il 'far sapere', riferito a 'idee', 'sentimenti' e anche e sopratutto alla 'propria scienza'. Dunque la mia scienza dipende dalla mediazione del sacerdote, dell'altare e della Chiesa. Qui lavora già, pienamente, il Gatekeeper.
Insomma, Eco, McLuhan, De Kerckhove, Castells, tardi epigoni laici di una concezione sacerdotale della conoscenza, impongono il primato del mezzo. Poiché è sul mezzo che può essere esercitato il controllo, questi scienziati, così, finiscono per vendere una merce scientifica che ha mercato proprio perché permette il controllo e legittima il controllo.
Coerentemente con questo orientamento loro opere -non a caso scritte in un fastidioso linguaggio che impone soggezione- contengono insegnamenti: latino insĭgnare, 'imprimere segni nella mente'. Tendono a imporci un modo di leggere il mondo che abbiamo sotto gli occhi. Più è nuovo questo mondo, più il Web e i computer intesi come macchine per pensare offrono spazi e strumenti per costruire conoscenza fuori dal controllo dei Gatekeeper, più i Gatekeeper dovranno imporci una 'scienza' che neghi questa libertà.
Ben diversamente Ong -che pure una lettura scolastica vorrebbe appartenente alla stessa scuola di McLuhan- guarda all'origine della parola: la parola orale è sempre 'emergente', prende senso durante l'evento, nella situazione. Ben diversamente Illich guarda sempre oltre oltre, a monte e a valle della mediazione esercitata dai grandi sitemi organizzativi. Ben diversi Maturana e Varela ci invitano ad accogliere lo sguardo sul suo intorno del ser vivo, l'essere vivente che esperisce, fa esperienza. Per l'essere vivente teso a costruire la conoscenza adeguata alla propria storia, ai propri scopi e alla situazione, il Gatekeepeer è un disturbo, non un aiutante.
Potremmo dire che mentre Eco, McLuhan, De Kerckhove, Castells, e tanti altri come loro, insegnano, Ong e Illich e Maturana e Varela narrano e portano alla luce narrazioni. Parlano di cosa succede nel mentre si costruisce conoscenza. E' conoscenza ciò che si acquisisce di fronte al fenomeno ('mostrarsi', 'apparire'), nell'esperimento (latino experiri: 'provare', 'sperimentare'), durante l'evento (latino eventus da evenire, 'accadere', 'riuscire').

sabato 2 gennaio 2010

Puro codice: da Bauhin a Linneo

Linneo riprende la strada tracciata da Bauhin. Tra Bauhin e Linneo non c'è soluzione di continuità. Come Bauhin Linneo rinuncia a ogni immagine, ogni illustrazione, ogni descrizione.
Ma l'idea di struttura, il modello di Bauhin era ancora approssimativo, lacunoso, imperfetto. Linneo -non physicien, ma scienziato- va oltre. Mentre il physicien considera costruttivo muoversi alla cieca -'senza poter vedere distintamente, 'senza precisione'- lo scienziato linneiano si dota di uno schema che orienta e vincola (e rassicura).
Se il modello di Bauhin è approssimativo, il modello di Linneo è invece formalmente perfetto, ricorsivo, autoesplicativo. Si appoggia su una nomenclatura controllata. Garantisce l'univocità del dato: non ci può essere equivoco. Nessun ente potrà essere, per errore, nominato e descritto in modi differenti. Garantisce l'uniforme classificazione degli enti. Definisce e rende possibili le relazioni tra ente ed ente. Elimina ogni ridondanza.
Dunque, la capacità distintiva di Linneo sta nella esatta codifica. Sta, ad essere più precisi, nel definire la semantica e la sintassi del codice. Sta nello scrivere il codice, e nello stabilire regole perché altri possano ulteriormente incrementare il testo, usando senza possibilità di errore quel codice.
Il progetto di Linneo è ardito, perché per descrivere la natura si svincola dai limiti della natura. Legittimato dall'idea di descrivere ciò che sta scritto nel disegno di Dio, si libera dai vincoli terreni.
Se l'orto, il gabinetto di storia naturale, il museo ponevano vincoli fisici all'ordine e alla purezza dell'organizzazione, Linneo va oltre.
Se la struttura del libro costringe il testo in confini che ne limitano la costruzione strutturale, Linneo va oltre. La forma, la struttura del sistema linneiano, è astratta, prescinde totalmente dal supporto. Il fatto che Linneo abbia 'scritto un libro' è meramente accidentale: ciò è accaduto solo perché non disponeva di altre tecnologie. Ma evidentemente la sistematica pensata da Linneo prescinde dalla forma libro e va oltre la forma libro. Sta stretta nella forma libro.
Se le parole delle lingue naturali, se la grammatica e la sintassi e la semantica impediscono di esprimersi attraverso la 'normale' scrittura in modo esatto ed inequivocabile, deve essere individuato un nuovo linguaggio. E Linneo inventa un nuovo linguaggio, diremmo oggi logico-formale. O meglio: produce software; inventa un linguaggio di programmazione.
Scompare il terreno, ma anche la pagina del libro. Il supporto è irrilevante nel progetto di Linneo. Ciò che conta, ciò che è, è puro codice, insieme dei segni che legano univocamente significato a significante, organizzati in sistema.
Avendo sott'occhio il progetto linneiano, può essere ripercorsa e illustrata l'intera storia del codice, nelle sue diverse manifestazioni ed accezioni.
In origine il latino caudex 'tronco d'albero', poi contratto in codex, riferito all'uso antico di scrivere su tavolette di legno ricoperte di cera, unite insieme da anelli metallici o da una striscia di cuoio, in modo da formare un quaderno, o bloc-notes che poteva essere usato voltando le pagine.
L'espressione codice, dunque, ci ricorda l'esigenza di un supporto. Il giardino usato dal botanico per descrivere la Natura. I fili colorati con cui si tesse un arazzo. La lastra da incidere. E poi, con la tecnologia della scrittura, la corteccia o lo strato di cera o la pergamena o la carta.
Le caratteristiche del supporto pongono vincoli alla purezza della struttura del testo, del tessuto che lega tra di loro gli elementi del sistema. Qui, appunto, Linneo va oltre. Propone una organizzazione delle informazioni -un codice- invariante, astratto, non condizionato dalle caratteristiche e dai vincoli del supporto.
Ecco già quindi, nel Systema Naturae, il codice inteso, come vuole la moderna semiotica, un insieme organizzato di segni che lega un 'piano dell'espressione' a un 'piano dei contenuti'.
Al latino scientifico, lingua già di per sé ipercodificata, lingua artificiale che tende a azzerare le interpretazioni ambigue, si aggiunge l'uso di una nomenclatura chiusa, controllata. La lingua è vista nel suo aspetto più formale e regolato, un sistema convenzionale in cui a lettere, numeri, parole o altri simboli sono assegnati dei significati univoci, inequivocabilmente esplicitati.
Nel Systema di Linneo, come oggi in tutte le attività nelle quali si trattano informazioni -biblioteche e centri documentazione, ma anche elettronica e informatica e telecomunicazioni- il codice inteso come modalità per rappresentare mediante un opportuno insieme di simboli e di stringhe un insieme di oggetti materiali, o un insieme di informazioni tendenzialmente più complesse dei simboli e delle stringhe che le codificano.
Un codice si dice efficiente quando utilizza un numero di simboli strettamente necessario per codificare l'informazione, mentre all'opposto si dice ridondante quando usa una quantità di simboli superiore al necessario. Il codice di Linneo è un esempio di efficienza.
Il codice può essere osservato da due punti di vista. Il codice è innanzitutto, il procedimento di codifica, ovvero la modalità seguita per assegnare univocamente ad ogni elemento dell'insieme da rappresentare una stringa che lo rappresenta. Ed il codice è poi l'insieme delle codifiche, ovvero l'insieme delle stringhe rappresentative.
La codifica di Bauhin, ancora approssimativa, rendeva necessaria la mente esperta ed i sensi ben desti del physicien. Solo una persona che avesse osservato dal vivo le piante, le avesse raccolte e tenute in mano, poteva colmare le lacune della codifica, andare oltre le ambiguità ancora presenti nella classificazione.
Solo Bauhin era in grado di applicare all'osservazione della natura il metodo di Bauhin. E solo un botanico esperto poteva cogliere il senso del Pinax theatri botanici.
La codifica di Linneo è invece raffinata, inequivocabile. Per quanto riguarda il procedimento di codifica, Linneo ha definito con esattezza regole e vincoli. Per quanto riguarda l'insieme delle codifiche, ci mostra un sistema funzionante, dove migliaia di enti sono univocamente nominati e posti in relazione.
Ogni ente, ogni elemento della natura è descritto da una stringa alfanumerica. Ciò che esiste, nel mondo perfetto della scienza linneiana, non sono le piante, ma le stringhe alfanumeriche che le descrivono. Perché le stringhe, a differenze delle piante, possono essere relazionate tra di loro, collocate -appunto- in un sistema gerarchico onnicomprensivo, che tutto comprende.
La separazione dal supporto, e l'invarianza rispetto al supporto, e ancora la coerenza interna del testo, ed il suo appoggiarsi ad un linguaggio logico formale, ci permettono di dire che il Systema di Linneo è un software.
Più precisamente, il Systema di Linneo è un programma: una sequenza logicamente ordinata di istruzioni atte a descrivere i singoli elementi la natura. Istruzioni che possono essere eseguite da un botanico di medie capacità, da uno studente. Ma c'è di più: istruzioni che evocano la presenza di una macchina in grado di eseguirle.
Così, possiamo arrivare a dire che se l'utente ideale del Pinax di Bauhin -modello debole, soggetto a interpretazioni personali- non poteva essere che un esperto botanico, il Systema di Linneo -modello forte, inequivoco, privo di ridondanze, caratterizzato dall'univocità del dato- evoca invece la presenza ed il lavoro automatico di una macchina. Il testo di Linneo è pensato per essere interpretato da una macchina.