Lo scrittore basa la propria autostima sull'illusione di scrivere qualcosa di nuovo, per primo. Qualcosa di mai scritto prima. L'illusione si basa sulla natura del codice cartaceo, che obbliga a considerare ogni libro e ogni giornale un oggetto a sé.
L'editoria cambia con il passaggio dal codice cartaceo al codice digitale.
Ogni cittadino, usando il codice digitale, scrive. I complicati passaggi tecnici che al tempo della codifica cartacea portano alla 'pubblicazione', nel tempo della codifica digitale si riassumono in un semplice passaggio: il 'salvare sul disco' ciò che si è scritto. Ogni testo salvato da ogni cittadino è 'pubblicato'. Non più appoggiato sul codice cartaceo, ma appoggiato su un codice digitale.
Il codice digitale, a differenza del codice cartaceo, permette di mantenere vive le connessioni, ed evidente la complessità. Ted Nelson (1965): “Ho la visione filosofica di un tutto profondamente interconnesso. O, come mi piace dire, intrecciato [interwingled]. Non ci sono confini o campi, se non quelli che creiamo artificialmente, e siamo profondamente fuorviati dai confini e dalle descrizioni convenzionali”.
Possiamo chiamare ‘testo’ qualsiasi narrazione che appare, ai nostri sensi. Ogni singolo testo non che una porzione, un sottoinsieme di una più vasta tela. La 'letteratura' è in fondo un unico tessuto, cui ogni testo appartiene: rete infinita di narrazioni, tessuta e incessantemente ritessuta dagli uomini per dare senso alla propria vita, per parlare delle cose del mondo, per parlare dei sogni e dei desideri.
La nuova situazione tecnologica genera una innovazione sociale di grande rilievo. Ogni cittadino può pubblicare la propria opera: può essere autore.
Cala così il rilievo sociale del giornalista e dello scrittore. Il giornalista appare ora come nient'altro che un narratore che racconta ciò che vede. Lo scrittore appare come niente di più che un rielaboratore di materiali già scritti.
Guardando agli aspetti positivi dell'evoluzione dei ruoli del giornalista, dello scrittore e dell'editore, si può osservare che il nuovo ruolo del giornalista, dello scrittore e dell'editore consiste in questo: essere un cittadino che eccelle per autorevolezza personale, e che tramite questa autorevolezza pone un marchio di qualità a narrazioni e a testi scritti da chiunque.
In cambio, invece, cresce pericolosamente il ruolo del tecnico digitale: solo lui conosce il codice tramite il quale tutto è scritto e tutto è conservato.
Ciò che a quanto pare accade, è che giornalisti, scrittori ed editori, invece di cogliere il passaggio al digitale come un ritorno al proprio essere cittadini che scrivono e leggono, tendono ad avvicinare il proprio ruolo a quello del tecnico digitale. Si sceglie di cercare difesa del proprio ruolo sociale nella tecnica, invece di cercare di affermare la propria autorevolezza attraverso l'eccellenza del proprio agire.
Gli argomenti sono già trattati in vari post in questo blog -vedi in particolare i post marcati con l'etichetta 'come si scrive'-. Questo post è sintesi del mio articolo: “Innovazione nell’edizione. Ovvero come l’innovazione tecnologica si rispecchia nell’innovazione sociale”,
Riflessioni Sistemiche, 22, che si trova qui. Si tratta di argomenti sviluppati -con specifico riferimento alle caratteristiche distintive del codice digitale- nel primo capitolo (Prima Legge: Ti arrenderai a un codice straniero) del mio libro: Le Cinque Leggi Bronzee dell'Era Digitale. E perché ci conviene trasgredirle, Guerini e Associati, 2020. Il nuovo apparire della letteratura ed nuovi ruoli soci dell'editoria dettati dal codice digitale saranno tema del terzo tomo del Trattato di Informatica Umanistica, il cui probabile titolo è Scrivere è cancellare.
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