La salute è -stando all’originario
senso del latino salvus- ‘interezza’, ‘integrità’. Il senso
di salvus è stato poi ripreso da totus, ‘tutto’.
Impossibile forse per l’uomo raggiungere il tutto, impossibile
essere veramente interi, integri. L’integrità resta desiderio
inappagato. La malattia è perdita dell’armonia che
contraddistingue l’essere integro.
Ted Nelson ci parla senza remore della
‘malattia’ che accompagnò la sua infanzia, e poi, in maniere
differenti, ha accompagnato tutta la sua vita di adulto.
Il piccolo Ted è dislessico, incapace
di leggere i segni alfabetici stampati sulla pagina con la rapidità
e l’abilità che gli insegnanti conformisti considerano normali.
1995: Gary Wolf intervista Ted Nelson
per conto di Wired.1
Scrive che Nelson si interrompe, passa improvvisamente da argomento a
argomento; scrive che Nelson appoggia i suoi ricordi a registrazioni
audio. Tutte evidenze del fatto, precisa Wolf, che “the inventor
suffers from an extreme case of Attention Deficit Disorder”.
Sono universalmente note le cavillose
definizioni del lessico medico e psichiatrico: ADD:
Attention Deficit Disorder; ADHD: Attention Deficit Hyperactivity
Disorder. E ancora: LD: Learning Disabilities, detto in italiano, con
lo stesso accanimento definitorio dell’inglese: Disturbi Specifici
dell’Apprendimento, DSA.
Gary
Wolf aggiunge malignamente:
Nelson's
anxiety about forgetting is complicated by the drugs he takes. For
his ADD, Nelson takes Cylert; for his agitation, he takes Prozac; for
sleeplessness, he takes Halcion. Halcion can produce aphasia: during
our lunch, Nelson sometimes found himself groping for a common word
in the middle of a sentence.2
Wolf non può fare
a meno di riportare le parole di Ted Nelson, che nel corso
dell'intervista controbatte:
Attention
Deficit Disorder was coined by regularity chauvinists. Regularity
chauvinists are people who insist that you have got to do the same
thing every time, every day, which drives some of us nuts. Attention
Deficit Disorder - we need a more positive term for that. Hummingbird
mind, I should think.
Hummingbird
Mind - menti che si muovono come rapido frullare d’ali, menti
colibrì che si muovono di fiore in fiore. Reagendo alla spiacevole,
giudicante arroganza dell’intervistatore, arroganza legittimata da
tanta letteratura medica, Nelson propone una nuova denominazione. Una immagine
di uso comune,3
è ripresa da Nelson, elevata a possibile definizione tecnica. In
luogo di ADD, a more positive term,
una immagine ricca di poesia.
Brillante
conversatore, Nelson, nelle sue apparizioni in pubblico, non nasconde
mai i propri percorsi mentali: “What was I saying?”. “Forgive
me”, “I’m just babbling.”. Interrogato a proposito dell’ADD
nel corso di una presentazione della sua autobiografia Possiplex,
risponde:
No,
it was just another way of cognitive processing. A different mode of
thinking.4
Ciò che qualcuno considera deficit può
ben essere inteso come differenza. Un altro modo di pensare. Un
processo cognitivo che rifiuta la linearità e la sequenzialità, la
disposizione gerarchica, la fissità garantita -o imposta-
dall’immodificabile apparire delle parole sulla pagina, un processo
cognitivo che accoglie invece, senza porli in gerarchia, diversi
percorsi di senso.
Da singolari equilibri di mente e di
corpo, da eccentrici modi di pensare e di costruire conoscenza
considerati dalla ‘scienza normale’ pericolose sindromi, nasce
dunque quel computing che espande l’area della personale coscienza.
Nella
mente di Ted Nelson, bambino dislessico, incapace di considerare
normale l’ingabbiante forma del libro, della pagina, del
foglio-supporto-piano, emerge per converso la visione di qualcosa di
più sano, di più ricco, più pieno e più giusto.
Così
il Ted Nelson ventenne, nutrito di studi letterari, rivede il suo
bisogno infantile di integrità attraverso la lettura del poeta
Coleridge. Caverne smisurate giù verso il mare, giardini luccicanti
e sinuosi ruscelli, muri e torri, sulle rive del sacro fiume,
imponente palazzo dei piaceri. Xanadu è la città, il luogo del
sogno.
Come
Coleridge immagina in sogno -A
vision in a dream- questo
mondo meraviglioso, Ted Nelson immagina il proprio Xanadu.
Cosa
sogna Ted? Cosa gli appare nelle sue visioni? Cosa cerca, cosa
inventa? Sogna un diverso modo di ‘leggere’ -di accedere alla
letteratura, di ‘stare dentro’ la letteratura-, un modo che non
passi attraverso la stampa. Sogna un modo di leggere che non costringa lui, dislessico, a
passare attraverso forche caudine: storie chiuse in gabbie di rigidi segni,
ostili
Nasce
così all'inizio degli Anni Sessanta, nella mente di Ted Nelson,
l'idea di un testo inteso come rete, e di una letteratura come rete
di testi. Una letteratura alla quale tutti contribuiamo, leggendo e
scrivendo.
Andy
van Dam, Tim Bernes-Lee, e tutti gli altri a cui dobbiamo il World
Wide Web, riconoscono il loro debito nei confronti di Ted Nelson.
Oggi
abbiamo a disposizione il Web perché Ted Nelson non ha accettato di
essere stigmatizzato come 'malato'. La mente umana disturbata,
dislessica, distratta, disattenta è vista a rovescio come mente
colibrì, che si muove freneticamente di fiore in fiore. A partire
dal proprio modo di essere Ted Nelson ha concepito un modo di pensare
e costruire conoscenza che apre nuovi orizzonti a ognuno di noi.
1Gary
Wolf, “The Curse of Xanadu”, Wired, 3.06, Jun 1995.
2Gary
Wolf, The Curse of Xanadu, Wired, 3.06, June 1995.
3Louis
Paul, Breakdown, Crown Publishers, 1946, p. 208. Derrick De
Kerckhove, Wade Rowland, Connected Intelligence: The Arrival of
the Web Society, Somerville House Pub., 1997 p. 77.
4Jay
Cross, “Ted Nelson’s Unbook”, Posted on October 9, 2010,
http://www.internettime.com/2010/10/ted-nelsons-unbook/
(visitato 22 agosto 2014).
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