Periodicamente appaiono nella letteratura digitale concetti formali, definiti in modo tale che la macchina possa risolverli.
Ciò che sta dietro queste formalizzazioni viene bellamente ignorato.
"We can know more than we can tell", cosi è noto ai computer scientist il complesso pensiero di Michael Polanyi.
Le conoscenze esplicite sono solo una parte delle conoscenze. Molte conoscenze restano tacite. Emergono solo quando serve, dove serve.
Tema ben studiato da filosofi, epistemologi, sociologi e psicologi.
Ma i computer scientist sono preoccupati: se noi umani non sappiamo o non vogliamo dire in che modo conosciamo ciò che conosciamo, come farà la macchina ad appropriarsi del nostro sapere?
A ben vedere è una questione -prima che tecnica- filosofica, sociale, politica, economica. Ma è anche una questione puramente inerente al management e all'organizzazione del lavoro.
Gli esperti digitali non sanno che Polanyi è la fonte di Nonaka, maestro del management. Il suo famoso schema (SECI) presiede alla creazione del valore di ogni impresa.
E cosa ne sanno gli esperti digitali della difficile e sofferta storia personale di Michael Polanyi, costretto a lasciare la sua terra natale, fisico passato ad essere epistemologo, cosa ne sanno del formarsi del suo pensiero, dei suoi rapporti con il fratello economista...
Tirando un sospiro di sollievo esperti digitali vari sostengono ora la tesi della progressiva erosione del paradosso di Polanyi da parte dell'AI generative.
Ma non hanno capito. Le macchine 'generative' faranno pure il loro lavoro, apprenderanno a loro modo qualcosa da dati e informazioni, ma ciò non avrà mai nulla a che fare con l'umana conoscenza. Così ben descritta da Polanyi. (Vedi continuazione nel mio successivo post: Nishida Paradox).
Breveissima bibliografia:
Michael Polanyi, Personal Knowledge: Towards a Post-Critical Philosophy, 1958
Michael Polanyi, Tacit Dimension, 1966
Ikujiro Nonaka, Management of Knowledge Creation, 1990
David Autor, Polanyi Paradox and the Shape of Employment Growth, 2014
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