Al posto dell’umano essere-nel-mondo vengono proposti, o imposti, riduttivi surrogati digitali.
Una cosa è la conoscenza, fondata sulla presenza e sull’osservazione. Ben altra cosa è l’informazione: un insieme di dati.
I dati consistono in ciò che è stato rilevato da un sensore. I sensori sono povere imitazioni dei sensi dell’essere umano.
L’esperienza umana, maturata tramite il corpo e il pensiero, è nuova attimo dopo attimo, sempre più aggiornata di ogni dato.
Il calcolo, che in realtà non raggiunge mai l’esattezza che promette, non è che una delle possibili forme della narrazione.
Il documento è steso per narrare ciò che è accaduto e ciò che sta accadendo. Il modello è una chiave di lettura data a priori, che esclude parti di ciò che lo sguardo umano sa vedere qui ed ora.
Non c’è motivo di negare valore alla computer science. Essa ha lo scopo di costruire e programmare macchine. Ciò che è criticabile è la sua duplice pretesa - che raggiunge il culmine con la cosiddetta ‘intelligenza artificiale’:
- considerare buono ed auspicabile per noi umani ciò che è buono per macchine digitali.
- proporre un sostituto digitale per ogni aspetto dell’umano essere-nel-mondo.
Nota
Almeno ogni tanto, bisogna cercare di proporre sintesi stringate come questa. Certo poi si deve sperare che ci leggi non giudichi troppo stretta la sintesi. Prendete queste poche parole come suggestione, ma non valutate il mio pensiero alla luce di questa sintesi.
Si tratta di argomenti che tratto in modo disteso nei miei libri: Macchine per pensare. L'informatica come prosecuzione della filosofia con altri mezzi, 2016; Le Cinque Leggi Bronzee dell'Era Digitale. E perché conviene trasgredirle, 2020; Splendori e miserie delle intelligenze artificiali. Alla luce dell’umana esperienza, 2024.
A proposito in particolare di una informatica o computer science basata sul documento, vi invito a leggere l'articolo Architetture civili.
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