Si parla frequentemente di come il mondo in cui viviamo non sia un mondo per vecchi.
Eppure dovremmo invece ricordare che ci sono solidi motivi per sostenere che i non giovani comprendono la cultura digitale meglio dei giovani. Per il semplice motivo che hanno avuto la fortuna di vivere in un mondo di calde relazioni interpersonali. Hanno avuto la fortuna di vivere una prima infanzia riscaldata dalla cura, dai gesti, dalla voce di una madre; confortati da volti familiari e da scambi basati sugli sguardi, sulla voce, sulla lingua materna che diviene veicolo espressivo della persona che cresce.
Di tutto questo i nativi digitali sono stati invece privati, in una misura che sembra crescente generazione dopo generazione, di questa educazione, della socializzazione primaria. Perché hanno avuto in mano fin dalla prima infanzia macchine digitali che notificano comportamenti attesi e rilasciano feedback. Macchine sempre più autonome, impermeabili ai progetti e ai desideri della persona. Sostituti delle figure parentali e della famiglia. Macchine che preparano fin dall'infanzia ad una percezione di sé stessi e ad una vita di relazioni mediata da macchine.
Il disagio degli adulti di fronte a questo impoverimento della propria identità e della propria inclinazione alla vita sociale non è retrogrado rimpianto del tempo che fu. Il disagio è invece il sano frutto del ricordo, scolpito nella memoria personale, di cosa siano l'educazione e la vita di relazioni. E il disagio, allo stesso tempo, è il frutto della consapevolezza di una intromissione, di una pericolosa presenza estranea: un qualche aggeggio digitale dotato dotato di una propria autonomia, portatore di un progetto di cui nulla sappiamo, si interpone in ogni manifestazione dell'essere umano, in ogni relazione tra esseri umani.
C'è quindi una responsabilità sulle spalle dei genitori: non concedere, per quanto possibile, spazio eccessivo agli strumenti digitali nell'infanzia dei figli. Poi viene il ruolo della scuola. E poi ancora il ruolo della formazione aziendale. Più che la diffusione di un 'digital mindset', una educazione civica digitale.
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