Vi piace leggere romanzi? Vi piace il cinema?
“Manuel nasce a General Villegas nel 1932 nell’'ausencia total del paisaje, el centro de la nada'. Assenza totale di paesaggio, al centro del nulla. General Villegas – rinominata nel romanzo Coronel Vallejos: poche migliaia di abitanti, estremo nord ovest della Provincia di Buenos Aires, cinquecento chilometri dalla capitale. Il padre imbottiglia vino. La madre lavora all’ospedale. Piccola borghesia.”
Una boccata d'aria, per me, scrivere queste pagine. E spero anche per voi leggerle. Ammorbati come siamo da tante parole vuote. Perché non so voi, ma purtroppo cedo sempre alla speranza di trovare qualcosa di sensato in questi libri che celebrano il nuovo sapere dell'Era Digitale.
Così mi sobbarco alla noiosa lettura di libri che sostengono i Diritti dei Robot, libri che parlano di Macchine influenti e di Retorica delle performance computazionali, ed ora libri di Teoria letteraria per Robot.
Sento così dire che "la dicotomia uomo-macchina nasce da una domanda mal posta perché l'intelligenza è un fenomeno collettivo e le macchine ne fanno parte. Non da oggi, da sempre". E' così facile rispondere! Voi, amici che scrivete queste cose, definite 'macchine' e 'intelligenza' nel modo costrittivo che vi fa comodo. E ne deducete quello che vi fa comodo. Le narrazioni degli esseri umani sono la sconferma empirica delle vostre affermazioni: sono complesse, sfuggenti ad ogni definizione. Se poi una qualche macchina sembrerà imitare efficacemente qualcosa che un umano ha già narrato, cosa mi importa: altri umani aggiungeranno nuove narrazioni, sfuggenti ad ogni definizione.
Voi invece, nell'ansia di affermare il potere e l'autorità della macchina, avete bisogno di definizioni.
Avete bisogno di evitare la complessità. E nascondete questo bisogno dietro la fumosità.
Sentite qui: “in questo studio, propongo di eludere la complessità filosofica che circonda il libero arbitrio, l'agenzia o la volizione a favore del loro proxy linguistico, la sintassi”. Il solito tentativo: sostituire alla semantica la sintassi, sostituire all'essere umano che agisce nel mondo un 'agente', che può essere indifferentemente umano o macchina.
Alimentatevi con le appassionate parole di Puig! Lui si poneva tante domande, si chiedeva chi era. Ma mai gli passò per l'anticamera del cervello di considerarsi una macchina. Lasciate perdere gli 'agenti'. Qualcuno vi invita a specchiarvi in gemelli digitali. Confrontatevi invece con persone come Puig. Lasciate perdere le ridicole accuse di antropocentrismo ingenuo e ascoltate le storie che esseri umani raccontano ad altri esseri umani.
E semmai vi accingete a scrivere un saggio leggetevi le fonti. Non restate chiusi nella insipida melassa del pensiero digitale. Sentite questa: “Cercando un modello formale di agency basato su caratteristiche grammaticali (…) come dice David Alworth riferendosi a Bruno Latour che cita Algirdas Julien Greimas attraverso Lucien Tesniere...”. Citazioni di ennesima mano; come sempre in questi libri di cultori del nuovo. Ma andatevi a leggere da soli la Semantica strutturale di Greimas! E prima di sostituire la sintassi alla semantica, leggete per favore The Semantic Conception of Truth di Tarski. Quanto a Latour, a quando vedo forse l'autore più indebitamente citato da questi agiografi del Digitale, nessun 'digitalista' dovrebbe permettersi di citarlo senza aver letto prima Aramis ou l'Amour des techniques (se per caso leggeste in inglese notate, prego, che nel titolo si sostituisce artatamente Technique con Technology).
Ringrazio chi la letto fin qui questo mio sfogo. Leggete se volete le pagine con le quali cerco di portare qui ed ora, tra noi, Manuel Puig. O meglio, leggete, o rileggete, quest'estate un romanzo di Puig.
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