lunedì 8 luglio 2013

Decostruzione


Al di là del motivo immediato per il quale l'informazione è stata pensata, elaborata, gestita; al di là del buon fine della transazione che la riguarda, ovvero della sua sua 'certezza', l'informazione potrà risultare utile in futuro, quando meno ce lo aspetteremo, là dove meno ce lo aspetteremo.
Perciò -visto anche il costo tendenzialmente decrescente della memoria di massa- possiamo e dobbiamo conservare tutto. Indiscriminatamente, e senza porci problema di ridondanza.
La ridondanza non pone problemi: o la macchina riconosce le informazioni replicate come identiche, e le tratta come tali. O coglie lievi differenze, e queste differenze costituiscono di per sé informazione utile.
L'alibi consistente nel timore della ridondanza -alibi che finisce per giustificare il controllo, l'inaridimento, l'attaccamento alla struttura- mostra tutta la sua debolezza se si pensa che l'informazione, intesa come insieme di dati costruito in risposta a un bisogno di conoscenza di un preciso istante, di oggi o di ieri, è in sé irrilevante. Attraverso le informazioni strutturate potremo rispondere pienamente solo alle domande che ci siamo posti ieri, e in base alle quali abbiamo creato la struttura, definito il modello, connesso tra di loro i dati.
Il bisogno futuro sarà prevedibilmente diverso. Dunque non ci interessa in realtà l'informazione, ma i dati che sono serviti a costruirla. Qualunque cosa si conservi, stiamo conservando dati, la struttura attuale è sempre irrilevante
La ricchezza del patrimonio conoscitivo -non solo lascito per i posteri, diciamo per archeologi o storici di un lontano domani, ma base per costruire informazioni utilizzabili in un immediato futuro, per business, per gioco, o per un qualsiasi motivo- non sta dunque nelle informazioni in sé, non sta nelle strutture, non sta nella totalità, nell'ordine o nel controllo. Sta nei meri dati. Nei dati quali che siano: non si sa a priori quali dati serviranno: ogni e qualsiasi dato potrà risultare, connesso con altri dati di altre fonti, significativo.
I dati, però, chiusi in strutture, in modelli, forme, rischiano di risultarci invisibili e inutilizzabili. La loro fruibilità in quanto atomi di conoscenza
Avendo a disposizione dati strutturati in funzione della risposta a una domanda formulata nel passato, e volendo rendere invece i dati passibili di utilizzi futuri, oggi imprevedibili, dovremo quindi svolgere un lavoro di 'decostruzione': o privando da subito i dati dei legami con la struttura d'origine, immediatamente a valle del loro utilizzo all'interno della attuale procedura, o rinviando il lavoro di 'decostruzione' al momento futuro in cui l'informazione si rivelerà utile.
In ogni casi si tratta di accoppiare al dato metadati relativi alla sua origine, alla sua storia. In modo da renderlo utilizzabile a prescindere dalla struttura. Se, in origine, il dato 'parlava' perché era inserito in una struttura, in futuro dovrà parlare da solo.
La 'decostruzione', dunque, consiste nel trasferire la conoscenza relativa alla genesi e alla storia del dato dalla struttura complessiva ad un tag che accompagna il singolo dato. Non si tratta di cercare una completezza descrittiva. Altrimenti ricadiamo vittime del preconcetto che vuole l'informazione utile solo se ordinata e completamente descritta. Non credo si debba pensare perciò ad organizzare i metadati in una struttura, in una ordinata gerarchia. Si tratta, semplicemente, di conservare le informazioni disponibili sull'origine e sulla storia del singolo dato. In modo da rendere più efficace la sua interpretazione.
Questo è, in fondo, il senso dei tag Xml. E questa è, in fondo, la pratica che facciamo quotidianamente usando il motore di ricerca.
La struttura sarà ogni volta diversa: apparirà, di volta in volta, una narrazione-lettura-del-mondo differente -è questo il nuovo modo di leggere-. L’informazione grezza è data, ma non parla, parla solo per via di connessioni, strutture emergenti. 

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