Qualcuno torna a dirci che siamo colpevoli di antropocentrismo. Ci ricorda che, in quanto persone, abusiamo dei nostri privilegi nei confronti delle cose. E che rimaniamo fissati su una concezione binaria, su due categorie mutuamente esclusive: persona o cosa.
Noi umani, si dice quindi, dobbiamo imparare a mettere in discussione i nostri privilegi, a sviluppare prospettive critiche sui nostri valori, e ad assumerci più pienamente le nostre responsabilità. Anche nei confronti delle cose.
Ma l'asino casca quando si sceglie il portavoce delle cose. Qualcuno sceglie come portavoce delle cose il robot. La responsabilità umana, attraverso questo corto circuito, finisce per consistere nell'affermare e difendere i diritti dei robot.
Alla luce del pensiero che osserva il presente della tecnica, si capisce come venga in mente quest'esempio. Ma uno sguardo più ampio, aperto alla storia, potrebbe ugualmente contemplare i diritti della cosa-orologio, o della cosa-tornio. Se poi si prende in considerazione la vita sulla terra, potremo prendere in considerazione i diritti di un batterio, un’alga, una foglia o un gatto. Ma forse ancora più calzante è guardare a cose inanimate. Allontandoci radicalmente dall'antropocentrismo, potremo osservare, ed assumere come nostro impegno, i diritti di un sasso.
Miglior portavoce delle cose, più del robot, è un sasso. Un sasso ci parla, se sappiamo ascoltarlo.
Del resto, per decostruire l'opposizione binaria tra persone e cose, basterebbe tornare a leggere Spinoza.
E poi bisogna ricordare che prendendo a portavoce delle cose il robot, si occulta l'umana azione del costruttore di robot. E' troppo comodo -questo sì è abuso di un umano privilegio, manifestazione di un antropocentrismo deresponsabilizzante- il considerare il robot come frutto di una evoluzione tecnica che prescinde dall'agire umano.
Si può anche affermare: il robot è figlio dell'antropocentrismo, perché è frutto di un gesto di potere umano, e perché simula o imita l'umano. Comporta quindi un rifiuto dell'alterità della cosa rispetto all'umano.
Il robot, a differenza di altre cose, non esisterebbe senza una azione consapevole di un qualche essere umano. Si torna quindi alla responsabilità dell'essere umano costruttore di macchine. Perché costruisco macchine? Quale macchina scelgo di costruire?
Se l'essere umano costruttore di macchine non si assume le proprie responsabilità, starà ad altri esseri umani assumersi responsabilità a nome suo.
I diritti del sasso, qui ed ora.
(Nel mio libro Macchine per pensare. L'informatica come prosecuzione della filosofia con altri mezzi, 2016, avvicino questi argomenti nella parte finale. Chi volesse, potrebbe partire da p. 257, dove sotto il titolo Il senso della cosa, inizio a scrivere: "Con lo sguardo dell'umano che non pretende di essere artefice, ma si assume il compito di custode dell'essere, possiamo tornare a osservare la macchina come ente tra gli enti, come cosa.").
(Su questo blog si trovano vari altri articoli riguardanti in concetto di cosa. Per un percorso di senso che attraversa questo blog, consiglio di iniziare dall'articolo: Dato. Attorno al significato della parola).
Il problema, caro Francesco (per come lo vedo io) è che un sasso ci parla, se sappiamo ascoltarlo; un robot (o una IA dal corpo meno antropomorfo) ci parla, ma anche se non sappiamo ascoltarlo. Sembrano umani, per questo tanti li considereranno tali (non come barbari, ma proprio come simili, perché non pronunceranno suoni incomprensibili, bar bar, ma parole adatte, con la voce più suadente). L'antropomorfismo non è un bug, ma una feature.
RispondiEliminaCaro Federico, grazie per l'acuta lettura. Il punto chiave, secondo me, è che tu ed io forse non siamo veramente capaci di ascoltare un sasso, ma almeno ci proviamo. Sicuramente ci manca parte della consapevolezza che potremmo avere se sapessimo veramente meditare. Se sapessimo cercare di esserci: essere noi stessi ed essere nel mondo. Non ci riusciamo, credo, ma almeno ci almeno ci proviamo.
RispondiEliminaHai ragione a ricordare gli aspetti suadenti della macchina antropomorfa. Giusto secondo me anche dire che non si tratta di un bug, ma di una feature. Feature non a caso deriva dal participio passato del verbo latino facere. Fatto da un essere umano.
A differenza del sasso la macchina antropomorfa è stata costruita da un essere umano. Restano mi pare le domande. Perché costruire un robot o una intelligenza artificiale che simula e imita l'umano? Perché ingannare noi stessi, rendendoci impossibile distinguere se stiamo interagendo con un umano o con una macchina?
Perché scegliere come esempio di cosa il robot? Che relazione c'è tra questa scelta e il cercare sé stessi?
Penso che la IA antropomorfa sia costruita per essere tale solo perché qualcuno prevede (probabilmente a ragione) che così essa sarà comprata con maggiore probabilità. Questa IA è espressione del capitalismo estrattivista e commerciale. La mano invisibile è un tiranno invisibile. Finché questo tiranno ci dà (ci potrà dare) benessere (a spese di tutti gli altri non WEIRD) e una potente illusione di libertà (il libero arbitrio!), nessuno vorrà mai vedere la sua testa rotolare in una cesta di vimini.
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