Se, nell'osservare la scena digitale, dobbiamo, per riflettere sul suo senso, guardare a una parola nuova ne cito una sola: computazione. Ben più digitale, dobbiamo considerarla la parola emblematica, che descrive la situazione che ci troviamo a vivere.
Kurt Gödel, ventiquattrenne finissimo matematico, dimostra nel 1930 che nessun sistema può essere utilizzato per provare la propria stessa coerenza. Ogni sistema è incompleto. Non è possibile giungere a definire la lista esaustiva degli assiomi che permetta di dimostrare tutte le verità. Ogni volta che si aggiunge un enunciato all'insieme degli assiomi, ci sarà sempre un altro enunciato non incluso.
Nel 1936 un altro finissimo matematico allora ventiquattrenne, Alan Turing, risponde a Gödel. Se la calcolabilità - la descrizione del mondo logico-formale, esatta e priva di equivoci - è inattingibile, la risposta sta nel definire un universo più ristretto, dove i problemi che la calcolabilità impone sono assenti per definizione. Turing, in fondo, non fa altro che rinverdire il sistema assiomatico di Hilbert aggiungendo alla sua lista un nuovo assioma: useremo d'ora in poi solo numeri computabili. Sostituiremo alla problematica calcolabilità la rassicurante computabilità.
Nella prima riga dell'articolo è già fornita la definizione: "The computable numbers may be described briefly as the real numbers whose expressions as a decimal are calculable by finite means". Calcolabili con mezzi finiti. Poche righe sotto Turing spiega meglio: "a number is computable if its decimal can be written down by a machine".
La macchina che Turing immagina è costituita essenzialmente da un programma - possiamo chiamarlo anche procedura o algoritmo. Questo programma elabora i dati, espressi in numeri computabili, che gli sono sottoposti. Quali sono i numeri computabili? Sono i numeri che la macchina è in grado di elaborare.
I numeri che la macchina non è in grado di trattare sono esclusi dalla scena. Inesistenti nel Paradiso della Computazione.
Turing era ben consapevole dei limiti di questa scelta. Nell'articolo del 1950, dove sostiene che il modo di pensare delle macchine computanti, computer, possa essere pari o migliore del mondo di pensare di noi umani, parla di come eventi apparentemente limitati possono avere effetti rovinosi e smisurati [overwhelming effect] in un momento successivo. “Lo spostamento di un singolo elettrone di un miliardesimo di centimetro in un momento può fare la differenza, un anno dopo, tra la morte di un uomo sotto una valanga o la sua salvezza”. L'effetto elettrone di Turing anticipa di più di dieci anni l'effetto descritto dal matematico e meteorologo Edward Lorenz: il battito delle ali di una farfalla in Brasile la condizioni iniziale del sistema. Variazioni infinitesime nelle condizioni iniziali -ben difficilmente calcolabili- producono variazioni grandi e crescenti nel comportamento successivo del sistema. Turing ha dunque ben chiaro il concetto di ciò che chiamiamo sistema dinamico non lineare, sistema adattivo, sistema complesso.
Ma qual'è la sua risposta? La sua proposta è leggere gli stati del mondo attraverso una 'macchina a stati discreti'. La vita è un continuum, un flusso ininterrotto. La macchina a stati discreti si limita a rappresentare il flusso attraverso “sudden jumps or clicks from one quite definite state to another”, salti o scatti automatici da uno stato ben definito a un altro. Si sceglie di ignorare la differenza.
“Una proprietà essenziale dei sistemi meccanici che abbiamo chiamato macchine a stati discreti è che questo [l'overwhelming effect] fenomeno non si verifichi”. Dunque: siamo di fronte all'imprevedibilità e all'incertezza. Sappiamo che ogni stato iniziale, difficilissimo da leggere in tutti suoi aspetti, può generare conseguenze caotiche e catastrofiche. Cosa si fa? Si usa, per misurare e controllare il fenomeno, o per simularlo, una macchina a stati discreti, dove il fenomeno non si verifica. Insomma, la proposta è gestire un sistema complesso attraverso un suo modello: un gemello meccanico, non complesso.
La giustificazione di Turing è questa: “una conoscenza ragionevolmente accurata dello stato in un momento produce una conoscenza ragionevolmente accurata per un certo numero di passi successivi”. Insomma, dobbiamo contentarci dei dati di cui disponiamo, sempre limitati e mai sufficientemente accurati; dobbiamo contentarci di una rappresentazione del fenomeno -suo modello, gemello- ragionevolmente accurata, mai perfetta. Sappiamo che il nostro sguardo previsionale non può andare oltre “un certo numero di passi successivi”.
Qui Turing non aggiunge niente: a suo modo lo diceva trecento anni prima Spinoza; e forse a ben guardare l'intera storia della filosofia e della matematica ci parlano di questa incompletezza.
Ciò che aggiunge Turing è il gioco di prestigio di sostituire alla calcolabilità la computabilità, il gioco di sostituire alla difficile osservazione del mondo tramite esperimenti l'affidamento alla rappresentazione del mondo proposta da una macchina detta computer, il gioco di sostituire ai sistemi complessi i sistemi meccanici.
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