domenica 31 maggio 2009

Creazione di conoscenza

Education
Il termine che meglio rappresenta oggi il processo formalizzato di trasferimento delle conoscenze è forse educazione. Un termine che troviamo in ogni lingua, ma che vale la pena qui citare in inglese, perché è in questa lingua che copre lo spazio semantico più ampio. Scholar's education, ma anche education per chiamare ciò che in italiano è detto formazione.
Ma il termine era sconosciuto prima della Riforma. Fino ad allora si usava allevare, latino ad -levare, 'portare su': insieme delle cure destinate a far crescere, sviluppare. Nelle cure di infanti e fanciulli non c'era confine preciso a separare l'allattare e l''insegnare'. Ancora più esplicito il francese élever. Da qui allievo ed éleve.
L'éducation infantile fu menzionata per la prima volta in un documento, in francese, nel 1498. In quell'anno Erasmo si stabiliva Oxford, Savonarola era bruciato vivo a Firenze.
Le Università, si sa erano nate ben prima. L'Alma Mater Studiorum di Bolgna è stata fondata forse nel 1088 o forse nel 1158. Ma lì si leggevano i classici, si studiava teologia o diritto, non si educava a proposito della vita quotidiana.
Le stesse élites dell'Illuminismo si formano sulla base della Ratio Studiorum, il 'piano di studi' delle Università dei Gesuiti, stabilito già nel 1599.
La Chiesa e gli eserciti e le imprese, producono le loro proprie élites facendo consumare il prodotto educazione in dose massiccia, soprattutto in giovarne età. Mentre a coloro che sono destinati a ruoli inferiori basta somministrare un pacchetto di educazione ridotto, pensato innanzitutto con lo scopo di illuminarli sulla inferiorità cui sono predestinati.
L'educazione esige propri luoghi e proprie forme – solo così, stando dentro anche regole di tempo e di luogo la conoscenza può essere : l'aula, la cattedra posta in lato rivolta verso i banchi schierati.
L'idea della educazione universale, della scuola obbligatoria, della struttura professionale equilibrata, del progresso tecnocratico si rinforzano l'un l'altra.
Ma presumibile supporre che tra qualche secolo, forse prima, questo modello ci apparirà del tutto superato. L’educazione, ovvero il modello fondato sulla scuola, sul libro, sui ruoli contrapposti di–docente e di discente sarà sostituita da modalità più ‘mobili’, di volta in volta differenti, ritagliate sulla persona e sulla fase della vita. Già oggi si apprende in luoghi diversi, da soli ed insieme ad altri, alimentando una Rete di condivisa, e allo stesso tempo attingendovi.

Libri
L'oggetto libro, così come lo conosciamo oggi, esiste da mille anni. Attorno al 1100 il codice miniato, oggetto destinato al pulpito, ad una lettura sacerdotale a voce alata, da uno a molti, si affianca un nuovo tipo di libro. Ancora manoscritto, ma non più illustrato, portatile, destinato ad una lettura silenziosa e individuale, fatto di segno alfabetici, dotato di copertina che prevede adeguati spazi per indicare autore e titolo, dotato di pagine numerate e sommari e indici e note.
E' già, in qualche misura un ipertesto: indici e sommari e note, appunto, permettono una fruizione che in qualche misura va oltre la pura lettura sequenziale.
Ma il testo, nel libro, è comunque 'messo in gabbia', chiuso in una forma data a priori. L'area di conoscenza esplorata da un testo è limitata dalla tecnologia, dai confini fisici dell'oggetto. La biblioteca è una raccolta di sistemi chiusi, impermeabili l'uno all'altro. Una connessione tra testo e testo è possibile solo attraverso un altro libro – che potrà contenere citazioni a libri precedenti. La conoscenza, chiusa nel libro, è ferma nel tempo, bloccata per sempre alla data di pubblicazione. Diversissimo il punto di partenza del testo digitalizzato: nessuna chiusura, ipertestualità, apertura a connessioni con altri testi, interattività.

e-Learning
Falso trend, nato morto, non è che banale replica virtuale del modello della scuola, del libro. Le piattaforme di e-Learning (Learning Management System, LMS) nascono per consentire solo accessi programmati, one to many. Ripresentano lezioni individuali, lezioni collettive, aule (virtuali) e financo bidelli (elettronici), niente cambia, se non in peggio, rispetto a quanto permetteva una educazione fondata su docenti in carne ed ossa e aule fatte di muri.
Agli specialisti dell'e-Learning, educatori sui generis, non interessa capire come le tecnologie permettono di pensare altrimenti il processo di trasferimento delle conoscenze. A loro, d'accordo con pedagogisti e scienziati dell'educazione e docimologi, ciò che interessa è solo sfruttare le opportunità offerte ora tecnologia per portare all'estremo il modello di scuola, il processo controllato di trasferimento delle conoscenze così come è codificato da secoli.
I courseware contengono qualche spazio di interattività, ma è per scelta chiuso, così come era chiuso il libro. Se è distante l'insegnante che si nasconde dietro la cattedra, ancora più distante è l'insegnante che chiuso il suo corso, e programmato l'insegnamento, si ritira nell'assenza, si nega alla relazione faccia a faccia. Il docente che crea courseware è, in effetti, più vicino all'autore di un libro che all'insegnante.
Di fronte alle libertà di movimento offerte da piattaforme wiki e Web 2.0, l'e-Learning appare ben povera cosa.

Content Management System (CMS)
Guardando le cose con un minimo di prospettiva storica, possiamo osservare che contemporaneamente alle piattaforme per l'e-Learning, sono apparse piattaforme destinate alla 'gestione dei contenuti'. La necessità di garantire l'alimentazione di siti web, così come la diffusione di processi di Knowledge Management presso aziende, rende necessari strumenti per pubblicare e condividere.
Rispetto alle piattaforme destinate ai LMS, i CMS offrono ovviamente un vantaggio: sono, in partenza, piattaforme generaliste, destinati ad ospitare conoscenze diverse, attraverso strumenti differenti. Il punto di vista di chi si occupa di didattica non ha influenza su di loro. Inoltre, più spesso di quanto accada con i LMS, si tratta di piattaforme Open Source, frutto del lavoro di comunità, frutto di progetti orientati alla condivisione della conoscenza – anziché all'apprendimento programmato, come accade invece per l'e-Learning. E anche questa non è una differenza dappoco. Penso a Plone, a Drupal, Joomla, Liferay.
Evidentemente, i CMS aprono la strada al Web 2.0 e al lavoro collaborativo. Eppure ci sono aspetti che accomunano CMS e LMS. CMS e LMS considerano necessaria l'amministrazione e il controllo. Prevedono le figure di specialisti che 'danno forma' alla conoscenza e preparano materiali per utenti passivi.
Insomma, LMS e CMS, così come libro e consolidato modello di educazione scolastica, prevedono l'esistenza di un mediatore necessario, di un Gatekeeper.

Gatekeeper
Gutenberg scoprì una tecnologia che poneva i libri alla portata di tutti. Ma contemporaneamente si affermava la distanza organizzativa tra maestri e dicenti, tra le persone e il libro.
Lutero, traducendo la Bibbia, ne aveva fatto un libro alla portata di chiunque sapesse leggere –e l'esistenza della Bibbia stampata era un incentivo ad imparare a leggere–. Ma Lutero aveva anche inventato un metodo di insegnamento massivo: il catechismo, un corso programmato di fatto di domande e di risposte. La Chiesa Cattolica risponde con la Controriforma, che specularmente congela la sua dottrina in un suo catechismo.
Nel 1922 Walter Lippmann, grande giornalista famoso per l'indipendenza di giudizio, dà alle stampe Public Opinion, libro anticipatore, ancora oggi di grande attualità. “Nel momento in cui raggiunge il lettore, il giornale è il risultato di un'intera serie di scelte”, afferma. Il giornalista, filtra le notizie in base a personali criteri.
L'idea di Lippmann è ripresa da Kurt Lewin, psicologo tedesco di forte formazione filosofica, emigrato negli States nel 1933. Nella sua ultima ricerca, i cui risultati saranno pubblicati postumi, nel 1947, studia le dinamiche di interazione nei gruppi sociali. I comportamenti relativi ad un campo d'azione scorrono lungo canali. In dati luoghi dei canali si trovano zone filtro, lì operano 'guardiani'. Lewin, che ormai scriveva direttamente in inglese, usa l'espressione gatekeeper, 'custode del cancello'. (Ma già il tardo latino cancellarius - da cui l'italiano cancelliere, e l'inglese chancellor- aveva lo stesso significato: 'guardiano dei cancelli delle stanze del potere').
Il controllo sociale, più che da vincoli esterni posti da legislatori o autorità, dipende dal lavoro di attori che -legittimati da una pretesa necessità- agiscono all'interno del processo di creazione della conoscenza. Il giornalista, così come l'insegnante, l'editore, l'autore di libri o di courseware finiscono per decidere per noi cosa dobbiamo sapere e imparare.
Siamo prigionieri dei nostri guardiani.

Semantic Web, wiki
Più che di Web 2.0 preferisco parlare di Semantic web e di wiki.
Intendo il ogni caso strumenti che permettano di lavorare attorno alla conoscenza così come era
prefigurato negli anno '40 del secolo scorso da Vannevar Bush, e poi immaginato negli anni '60 da Doug Engelbart e Ted Nelson. Faccio riferimento a come il Web era stato inizialmente pensato da Tim Berners-Lee, e all'idea di lavoro collaborativo che Ward Cunningham ha reso praticabile tramite il wiki.
Lo scenario tecnologico, infatti, è radicalmente cambiato. E si tratta di un cambiamento così profondo che passerà forse qualche secolo prima che i comportamenti sociali, e le stesse istituzioni, cambino di conseguenza.
Macchine che sono protesi della mente umana permettono oggi alle persone di lavorare connesse in rete, condividendo conoscenze, essendo di volta in volta autori e lettori, docenti e discenti, produttori e consumatori. Le unità minime di conoscenza sono descritte tramite etichette (tag) dagli stessi produttori. Le etichette descrivono la forma degli oggetti ed il loro significato ed il loro uso.
La conoscenza, così, si costruisce e ricostruisce istante dopo istante, in un processo privo di discontinuità – dunque senza transiti attraverso i luoghi dove si esercitava il filtro del gatekeeper.
L'agire del giornalista non è in fondo diverso dall'agire dell'editore, che sceglie quali libri pubblicare; ma anche dell'Inquisitore, che decide quali libri dovevano essere pubblicati oppure no. Analoghi i ruoli del pedagogo o del ministro o del singolo insegnante che decidono quali conoscenze debbono entrare a far parte di un programma; o dall'amministratore di un CMS, che decide quali contenuti debbano essere pubblicati oppure no.
In tutti questi casi il processo di circolazione delle conoscenze funziona per mezzo di tecnologie che prevedono la necessaria presenza di un momento di discontinuità: la distanza che separa la cattedra dai banchi dei discenti; il momento della stampa o della messa in onda di trasmissioni radio o televisive. Lì, in quel momento, in virtù di uno spazio concesso dalla tecnologia, si esercita il controllo.
Nessuno ora vuole negare che talvolta il controllo sia necessario, né che l'insegnante o il giornalista possano aggiungere valore. Ma è evidente che le cose sono cambiate: oggi ognuno, avendo a disposizione le piattaforme che chiamiamo web 2.0, non dipende più dal giornalista e dall'insegnante. Ognuno può imparare ed insegnare senza mediazioni (e spesso anche senza costi). Così come è evidente che il professionista, per esempio il giornalista, non più protetto da tecnologie che impediscono ad altri di diffondere notizie, deve confrontarsi con il blogger.

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