domenica 17 maggio 2009

Gatekeeper

Quando nel 1931 Walter Lippmann, grande giornalista famoso per l'indipendenza di giudizio, lascia il radicale New York World per il conservatore Herald Tribune, il direttore lo presenta tranquillizzando i lettori: Lippmann continuerà a scrivere su ciò che gli pare e come gli pare.
Nel 1922 Lippmann dà alle stampe Public Opinion, libro anticipatore, ancora oggi di grande attualità. “Nel momento in cui raggiunge il lettore, il giornale è il risultato di un'intera serie di scelte”, afferma. La pura informazione, fatti separati dalle opinioni, è un mito o un sogno, o una ipocrita illusione. Il giornalista, filtra le notizie in base a personali criteri.
L'idea di Lippmann è ripresa da Kurt Lewin, psicologo tedesco di forte formazione filosofica, emigrato negli States nel 1933. Nella sua ultima ricerca, i cui risultati saranno pubblicati postumi, nel 1947, studia le dinamiche di interazione nei gruppi sociali. I comportamenti relativi ad un campo d'azione scorrono lungo canali. In dati luoghi dei canali si trovano zone filtro, lì operano 'guardiani'. Lewin, che ormai scriveva direttamente in inglese, usa l'espressione gatekeeper, 'custode del cancello'.
Il controllo sociale, più che da vincoli esterni posti da legislatori o autorità, dipende dal lavoro di gatekeeper che agiscono all'interno del processo. La donna di casa è gatekeeper, perché decide cosa comparirà sulla tavola, e in ultima analisi cosa mangeranno marito e figli.
A conferma di ciò che aveva intuito Lippmann, e Lewin aveva generalizzato e modellizzato, sta -nel 1950- la ricerca empirica di David Manning White sul ruolo del giornalista. Presso il quotidiano di un piccolo centro degli Stati Uniti, solo il dieci per cento delle notizie pervenute in redazione vengono pubblicate. Il giornalista-gatekeeper può essere più o meno consapevole dei criteri di scelta: mancanza di spazio, scarso interesse, lontananza geografica o culturale. Si illude magari di operare in base all'etica o ad una rigorosa cultura professionale. Di fatto, sta intervenendo nel processo di circolazione delle conoscenze, imponendo al flusso regole che si traducono in selezione e controllo.
Gran parte del recente dibattito sulla crisi dei modelli di governo delle grandi imprese si è concentrato sui carenti comportamenti di Amministratori Delegati e Presidenti. Dovremmo però guardare con più attenzione al ruolo svolto dai loro consulenti. Veri e propri gatekeeper, filtrano informazioni e conoscenze, influendo grandemente sui processi decisionali.
Siamo prigionieri dei nostri guardiani.

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