La nostra tendenza a considerare pregio di un sistema informativo l’assenza di ridondanze –di dati duplicati, di informazioni ripetute– risale dunque a quando le risorse di memoria a nostra disposizione erano scarse.
Abbiamo poi aggiunto una considerazione: ciò che nel momento in cui l’informazione è stata memorizzata può apparire mero rumore, ciò che oggi ci appare scartabile, può risultare ricco ed utile in un momento futuro.
Da qui possiamo ripartire per parlare stavolta non di sistemi ma di persone.
Viviamo in un contesto che non possiamo che definire complesso. Non possiamo illuderci che i processi –i processi di sviluppo di una soluzione così come i processi di gestione sistemistica, ed anche, più in generale, qualsiasi processo organizzativo–, non possiamo immaginare che i processi si evolveranno, a partire da una situazione data, in modo lineare. Dobbiamo prepararci ad affrontare sempre nuove emergenze: ‘circostanze non già previste’.
Lo scenario che fa da sfondo alla nostra azione quotidiana non è quello che abbiamo già appreso a conoscere, ma è lo scenario emergente. Otterrà risultati chi sa leggere prima e meglio degli altri leggere indizi, segnali deboli, tracce del cambiamento che sta per avvenire.
Ecco perché è importante lavorare sulla ridondanza: non sappiamo cosa accadrà domani, quindi non possiamo sapere quali informazioni ci saranno utili. Perciò è utile dare corda alla nostra curiosità, allargare lo sguardo su campi contigui, o anche lontani dalla nostra specializzazione. Perciò è importanti fare esperienze diverse.
L’eccesso di specializzazione danneggia l’adattamento. Lo dimostra il nostro codice genetico. Ora che possiamo leggerlo, ci appare come un codice ridondante. Contiene informazioni che oggi come oggi non servono a nulla. Ma è in virtù di questa ridondanza che la nostra specie ha saputo adattarsi a cambiamenti anche catastrofici: informazioni disponibili, sulla cui concreta utilità era impossibile prima fare previsioni, si rivelano importanti e risolutive nel contesto emergente.
Ecco perché credo che serva leggere romanzi e coltivare interessi apparentemente lontani dal nostro lavoro. Dedicare tempo a queste attività è ridondante se ragioniamo, linearmente, n una ottica di ottimizzazione del tempo e delle nostre risorse. Sarebbe la scelta –forse– migliore se ci muovessimo in uno scenario stabile. Ma lo scenario non è stabile. E comunque, la capacità di comportarsi in modo adeguato in circostanze normali è merce utile, ma di poco valore. È così diffusa che non ci conviene puntare su di essa.
Perciò, in realtà guadagniamo tempo se perdiamo tempo: accresciamo così la nostra ridondanza, incrementiamo la probabilità di appropriarci di informazioni che risulteranno utili quando il gioco si farà duro, e si tratterà di inventare un modo per affrontare una situazione nuova ed inattesa.
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